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"Avevo altri piani, non mi sottraggo". La sua quarta vita dopo il congedo. Il mandato è pieno

Il siparietto in mattinata col premier Draghi: "Se resto io resti anche tu". Soddisfatto, ma c’è anche amarezza per la misera prova dei partiti

"Avevo altri piani, non mi sottraggo". La sua quarta vita dopo il congedo. Il mandato è pieno

Ma poi a un certo punto ieri mattina, dopo il giuramento al Quirinale di Filippo Patroni Griffi come giudice costituzionale, Sergio Mattarella si è girato verso Draghi e gli ha sorriso. «Vedi Mario, ora posso rivolgerti la stessa domanda che tu mi hai fatto qualche mese fa: se resto io, resti anche tu?». E il premier ha fatto sì sì con la testa: il bis quadra il cerchio, blinda la maggioranza, rafforza il governo. Quando lui glielo aveva chiesto era il 23 settembre, durante una cena informale: presidente, se tu rimani, rimango pure io. Era quasi una battuta, ora è il sigillo di un patto, rafforzato poi in mezz'ora di colloquio a quattr'occhi nello studio del capo dello Stato. «Dobbiamo andare avanti», c'è un Paese ancora da salvare. E a sera, ricevendo Fico e Casellati che gli comunicano formalmente l'elezione: «I giorni difficili trascorsi nel corso della grave emergenza sanitaria, economica e sociale richiamano al senso di responsabilità. Queste condizioni impongono di non sottrarsi ai doveri cui si è chiamati e naturalmente devono prevalere su altre considerazioni e prospettive personali differenti»

Comincia così la quarta vita di Mattarella. Politico, giudice costituzionale, presidente della Repubblica, adesso come Cincinnato riconfermato a furor di popolo e di Parlamento. Fermate il trasloco, la casa al Salario resterà vuota ancora per parecchio. C'è un'ovvia soddisfazione personale perché alla fine la situazione stava diventando pesante, però pure «amarezza» per la prova misera fornita dai partiti. Lo spiega alla delegazione dei leader della maggioranza che salgono alle tre per un caffè e la consegna dell'anello. «Vi ringrazio per la stima. Vi confesso - questo il racconto della senatrice Julia Unterberger, del gruppo delle autonomie - che avevo altri piani, tuttavia visto come sono andate le cose, se serve una mano sono qui, mi metto a disposizione». Sarà un mandato pieno, i mandatini di uno o due anni non esistono: per fortuna nessuno ha parlato di incarichi a tempo, sarebbe saltato tutto.

Via dunque al secondo settennato. Sembrava impossibile fino a pochi giorni fa, almeno stando alla versione ufficiale e alle ripetute perse di posizione del diretto interessato. Invece rieccoci, «pronto» a continuare per mancanza di alternative. Mattarella aveva cominciato a chiamarsi fuori da almeno sei mesi, in coincidenza del semestre bianco che amputa uno dei principali poteri del presidente, sciogliere le Camere. E ha ripetuto il concetto almeno una trentina di volte: nelle ultime settimane non c'era discorso in cui mancasse di sottolineare che si trattava dell'ultima volta. Una posizione netta, motivata da una fatica personale e da valide argomentazioni costituzionali. Sette anni sono troppi, e se sette sono troppi, figuriamoci quattordici: siamo pur sempre una Repubblica e non una monarchia. Quanto poi al precedente di Giorgio Napolitano, riconfermato dopo che i leader politici erano andati a supplicarlo di restare, come unico mezzo per sbloccare il sistema, la linea era: se un'eccezione si ripete due volte, diventa una nuova regola, uno strappo alla Carta. Ma anche stavolta è finita cosi.

A sostegno del suo no, Mattarella aveva citato gli interventi di due suoi predecessori, Antonio Segni e Giovanni Leone, che proponevano di eliminare la possibilità di un secondo mandato. È proprio qui è partita l'operazione convincimento: a metà novembre, facendo leva sui suggerimenti di una parte dello staff e raccogliendo le indicazioni del capo dello Stato, il presidente dei senatori del Pd Luigi Zanda ha presentato una proposta di riforma costituzionale. In sostanza: caro Sergio, se tu rimani noi cancelliamo il semestre bianco e il secondo incarico. E adesso, la legge verrà riproposta. Nel frattempo si sono moltiplicate le pressioni delle cancellerie e i segnali dei mercati: l'Italia, impegnata nella lotta al Covid e nel Pnrr, ha bisogno di solidità nei sui riferimenti internazionali. Negli ultimi giorni, con i grandi elettori in tilt, il corteggiamento interno e sulle schede di Montecitorio è ripreso e ha trovato maggiore apertura al Colle. Ma per dichiararsi, è stata la risposta, non basta scrivere «ti amo» sul muro, servono i fiori e l'anello.

E, sotto forma di plebiscito e di visita a Canossa dei leader della maggioranza, il brillocco è arrivato e la promessa sposa ha detto sì.

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