Qatargate

Avvisi pilotati e "confessioni estorte". Tutte le ombre del caso Qatargate

Mentre i pm di Bruxelles tacciono in attesa delle elezioni europee emergono i metodi controversi a carico degli imputati Panzeri e Kaili

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A un anno di distanza restano molte ombre e poche luci sull'inchiesta che ha terremotato il Parlamento europeo con l'accusa di corruzione. Il Qatargate procede a fari spenti e così farà, almeno, da a quanto trapela, fino alle elezioni europee. Del resto l'indagine ha già macchiato i socialisti e democratici che siedono all'Eurocamera, anche se molti dei fatti contestati sono rimasti all'interno della presunta «connection» italiana. Un eventuale rinvio a giudizio prima delle urne avrebbe un impatto elettorale tutto da misurare.

Le ombre, dicevamo. Sull'accordo di «pentimento» di quello che è considerato il perno della presunta rete corruttiva per favorire gli interessi di Qatar, Marocco e Mauritania in cambio di mazzette. Antonio Panzeri, ex europarlamentare di Articolo 1, a cui erano stati trovati 600mila euro in contanti, è ora in libertà dopo nove mesi tra carcere e domiciliari. I suoi verbali hanno riempito il fascicolo della Procura, ma le sue dichiarazioni vengono considerate inattendibili dagli avvocati degli altri indagati. Secondo loro estorte con pressioni per ottenere in cambio la liberazione della moglie e della figlia, a loro volta fermate in Italia. Coinvolta dalle confessioni di Panzeri la greca Eva Kaili, ex vicepresidente del Parlamento Ue, oltre che il compagno Francesco Giorgi, ex assistente di Panzeri e poi del dem Andrea Cozzolino, l'eurodeputato Marc Tarabella, Niccolò Figà-Talamanca, della ong No Peace Without Justice.

Non solo su Panzeri, anche su Kaili erano emersi i metodi controversi dei belgi. Madre di una bambina che allora aveva tre anni, è rimasta in carcere preventivo quattro mesi mentre l'avvocato gridava alla violazione dei diritti umani: «Il vero scandalo è stata la detenzione preventiva per estorcere confessioni», ha detto lei al Tg1.

Panzeri nell'ambito del pentimento, come già rivelato il Corriere, aveva lanciato sospetti anche sull'ex leader della Cgil Susanna Camusso, oggi senatrice Pd. Ha dichiarato che nel 2018 il Qatar voleva finanziare con 600 mila euro la campagna dell'ex segretaria alla presidenza del sindacato mondiale dei lavoratori e che di questo denaro ne sia stata consegnata una parte, 50mila euro. La stessa versione avrebbe dato Giorgi, secondo il Domani. Che dà conto di un presunto incontro tra Camusso e Al Marri, oggi ministro del Lavoro del Qatar. Lei ha sempre negato ogni circostanza. E nessun riscontro alle accuse è stato trovato dalla Procura di Milano che come atto dovuto aveva indagato la Camusso per corruzione ma ne ha chiesto subito l'archiviazione. Le altre ombre. Sulla europarlamentare belga Maria Arena che, citata da Panzeri, compare più volte nell'inchiesta ma ne è sempre rimasta estranea. Il motivo per cui il giudice istruttore Michel Claise ha fatto un passo indietro dall'indagine è che il figlio dei magistrato è socio del figlio di Arena, a casa del quale sono stati trovati 280 mila euro.

Entrambi sono fuori dalle indagini.

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