Ayatollah colpiti. Ma la sfida atomica non è ancora chiusa

Feste in piazza, avanti col programma nucleare. L'uranio forse in Cina o Corea

Ayatollah colpiti. Ma la sfida atomica non è ancora chiusa
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"Marg bar Israeel" e "marg bar Amrik", abbasso Israele e l'America, sono gli slogan scanditi ieri a Teheran per celebrare la "vittoria" secondo il regime iraniano. La tv degli ayatollah fa vedere le manifestazioni dei fan dei Pasdaran, che cozzano con i pesanti bombardamenti subiti in 12 giorni di guerra. I manifestanti sventolano, assieme alle bandiere della Repubblica islamica, le immagini della guida suprema, Alì Khamenei, assieme a quelle del fondatore Khomeini. Subito è stato riaperto lo spazio aereo e sbloccato Telegram, ma non whatsapp.

Nonostante i proclami vittoriosi il portavoce del governo, Fatemeh Mohajerani dichiara che "siamo stati testimoni di attacchi contro zone residenziali, centri scientifici, istituti di ricerca, strutture sanitarie e civili. Ci troviamo quindi davanti a un compito di ricostruzione imponente". Un'ammissione che la batosta è stata forte. Centcom, il comando unificato Usa, ha fatto sapere che l'Iran possiede ancora una "capacità tattica significativa" con i suoi missili balistici capaci di colpire obiettivi Usa nella regione. Il grande punto di domanda riguarda il programma nucleare. Le superbombe americane e gli attacchi israeliani fino a che punto hanno distrutto i siti di Natanz, Fordow e Isfahan? I danni sarebbero ingenti, ma nessuno sa con certezza quante delle 14.689 centrifughe iraniane siano state polverizzate dall'offensiva aerea. Ed è un mistero dove siano finiti i 400 chilogrammi di uranio arricchito trasferiti, forse, in un nuovo impianto segreto oppure all'estero per continuare il programma che porterà gli iraniani alla bomba nucleare. "Programma ritardato solo di qualche mese", secondo fonti della Cnn.

Nei primi tre giorni di guerra sono atterrati in Iran altrettanti aerei cargo cinesi utilizzati per trasporti militari. Pechino avrebbe garantito all'alleato iraniano, che esporta verso la Cina il 90% del petrolio, nonostante le sanzioni, di mettere in salvo il prezioso uranio. Oppure potrebbe averlo trasferito in Corea del Nord dove sono in grado di fare la bomba per gli ayatollah. Non è un caso che il ministro degli Esteri Wang Yi, in un colloquio telefonico con la sua controparte iraniana, abbia dichiarato che sostiene gli sforzi dell'Iran "per raggiungere un effettivo cessate il fuoco e promuovere il prima possibile il raffreddamento della situazione in Medio Oriente". Il presidente della Repubblica islamica, Masoud Pezeshkian, ha ribadito di essere "pronto a tornare al dialogo e a difendere i diritti degli iraniani al tavolo negoziale". Tradotto significa che riprenderanno il programma nucleare almeno per scopi civili.

Da Evin, la famigerata prigione del regime, costruita ai tempi dello Scià, sono stati trasferiti gran parte dei 15mila prigionieri, soprattutto politici, dopo il simbolico attacco aereo al portone d'ingresso del penitenziario. L'ala dura e pura dei fedelissimi di Khamenei si è indignata per la tregua. "Il giocatore d'azzardo Trump ha rivendicato l'accettazione del cessate il fuoco con Israele da parte dell'Iran e alcuni ci hanno creduto. Ma, secondo la Costituzione, è di competenza del leader, Ali Khamenei, annunciare guerra o pace, non dei funzionari dell'amministrazione o dei comandanti militari". Il battagliero proclama è arrivato dal parlamentare Hamid Rasai. Gli israeliani operano ancora dentro l'Iran appoggiandosi agli avamposti in Azerbaijan e nel Kurdistan iracheno.

La decapitazione dei vertici militari ha colpito soprattutto la vecchia guardia fedele a Khamenei per isolarlo e favorire la fazione dei Pasdaran, che vuole una repubblica presidenziale con gli ayatollah relegati in un ruolo simbolico. La guerra segreta continua al di là della tregua.

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