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"Ci impose la chiusura forzata". Scatta l'azione legale contro Conte

Nuova tegola per Conte. L'iniziativa di un gruppo di legali per ottenere un giusto indennizzo: "I ristori non sono stati equi"

"Ci impose la chiusura forzata". Scatta l'azione legale contro Conte

Va bene difendere la salute. Va bene istituire il lockdown. Ma lo Stato deve anche garantire la sopravvivenza delle aziende e versare un “giusto indennizzo” a chi sta soffrendo la crisi economica provocata dalla pandemia da coronavirus. Ne è convinto lo staff di difendimi.com, piattaforma online creata allo scopo di rendere “la giustizia accessibile a tutti”. Non bastano i ristori bis, ter, quater e via dicendo. L’idea è quella di chiedere a un giudice civile "di condannare il governo al pagamento di almeno un’indennità” agli imprenditori. Una “causa pilota” che possa “consolidare una giurisprudenza” a tutela delle aziende, calcolando il corretto indennizzo a ristoro di chi non ha potuto lavorare in questi mesi.

“Siamo coscienti - si legge sul sito - che la misura di restringimento sociale e la chiusura forzata delle attività produttive abbiano intaccato in profondità il tessuto economico-sociale dei privati andando a minare profondamente la salute delle imprese italiane, sacrificando piccoli e grandi imprenditori e commercianti”. Da qui l'idea di adire le vie legali. Ma come intendono muoversi? Tutto si basa sull’articolo 2045 del codice civile. Che recita così: “Quando chi ha compiuto il fatto dannoso vi è stato costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, e il pericolo non è stato da lui volontariamente causato né era altrimenti evitabile, al danneggiato è dovuta un’indennità, la cui misura è rimessa all’equo apprezzamento del giudice”. Tradotto alla situazione attuale, secondo difendimi.com, "l’autore del fatto dannoso (in questo caso lo Stato) commesso in stato di necessità (l’emergenza Covid 19) sarebbe tenuto a corrispondere una indennità al danneggiato (in questo caso le imprese costrette alla chiusura)".

Si tratta insomma di bilanciare due diritti costituzionalmente garantiti: quello alla salute e quello a fare impresa. E i ristori decisi dal governo? Un po' di soldi sono arrivati, potrebbe obiettare qualcuno. “Riteniamo - spiegano però dalla società di Prato - che attualmente il supporto statale che le imprese italiane hanno ricevuto non sia minimamente congruo ed equo rispetto ai danni subiti alle loro attività, e siamo convinti che sia doveroso chiedere di più: un ristoro che si avvicini il più possibile al danno concretamente patito dalla chiusura forzata e che l’esecutivo non ha mai disposto”. Le misure sin qui adottate non possono essere “considerate alla stregua di indennizzi”: deve essere il giudice a stabilire l’equo risarcimento.

Certo va detto che una “causa pilota” non ha precedenti. Dunque non è detto che gli imprenditori possano vincere e si partirà solo al raggiungimento di 300 aderenti. Aderendo a “indennizzo lockdown” chi partecipa dovrà però spendere solo un contributo iniziale intorno ali 150-200 euro, e poi sperare che le cose vadano a buon fine. “In ogni caso, anche di non vittoria, - dicono i promotori - l’unione di più cittadini e imprenditori dovrebbe stimolare lo stato a prendere delle decisioni a tutela degli stessi”.

In fondo i numeri della crisi economica fanno spavento.

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