Non ha perso il senso dell'umorismo. E con la moglie Miranda se n' è uscito con una delle sue battute: «Prima ero un detenuto paziente, ora sono un paziente detenuto».
Marcello Dell'Utri sembrare reagire alle cure. «Mio marito - conferma Miranda Ratti - sta un po' meglio, se non altro nello spirito. Intendiamoci: l'infezione non è stata ancora debellata e continua il bombardamento di antibiotici, ma forse qualche primo risultato c'è stato».
Anche se la situazione è ancora critica, forse, l'intervento tempestivo dei medici ha scongiurato il peggio: "Devo ringraziare - aggiunge la signora Ratti - la dottoressa del carcere di Rebibbia, di cui purtroppo non conosco il nome, che mercoledì ha visitato Marcello. È stata lei a cogliere la gravità della situazione, a lanciare l' allarme e a disporre il ricovero immediato. Io credo che gli abbia salvato la vita».
Dell'Utri è in un letto di terapia intensiva del Sandro Pertini di Roma . Qui ieri pomeriggio è andato a fargli visita il capogruppo di Forza Italia alla Camera Renato Brunetta: «Ho indossato i calzari e sono entrato, fra flebo e tubicini, in un ambiente sterile. Dell'Utri è provato dall'infezione, abbiamo scambiato qualche parola sulle sue condizioni, poi mi sono congedato. Non so cosa potrà succedere nelle prossime settimane, ma credo che il suo stato di salute sia incompatibile con il carcere».
Stefania Prestigiacomo, che pure è stata al Pertini come ha raccontato ieri il Corriere della sera, è ancora più lapidaria: «Ho trovato un uomo profondamente prostrato». Per ora nessuno si sbilancia su quel che sarà, l'unica preoccupazione è il presente e l'andamento della battaglia contro il nemico subdolo che ha colpito l'ex senatore. «Pensi - aggiunge la signora Ratti - che la sepsi era arrivata fino al midollo e credo che questo dato sia sufficiente per far capire i rischi corsi».
Dell'Utri è sulla soglia dei settantacinque anni, ha problemi al cuore e alla prostata, inoltre è diabetico. La detenzione, che ormai va avanti da due anni, certo non l'ha aiutato. «A Parma - spiega Miranda Ratti - ci siamo trovati dentro una realtà difficile e complicata. Mesi e mesi per fare un esame, complicazioni, ritardi, burocrazia. A Rebibbia e al Pertini, invece, abbiamo trovato un'assistenza di prim'ordine e da questo punto di vista siamo più tranquilli».
C'è poi il capitolo giudiziario. La sentenza della Corte di Strasburgo sul caso Contrada, sovrapponibile per il capo d'imputazione e il periodo storico, ha riacceso le speranze dell'ex senatore.
Il concorso esterno in associazione mafiosa è stato messo a fuoco, almeno a livello giurisprudenziale, solo nel 1994. Ma la condanna si ferma sul calendario ben prima, al 1992. C'è dunque una contraddizione che non è stata ancora risolta e che potrebbe riemergere nei prossimi mesi.SteZu
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