Per la governatrice Jole Santelli la vittoria dello Stato contro l'ordinanza con cui in Calabria aveva riaperto bar e ristoranti è «di Pirro. Questa pronuncia provoca inevitabilmente una battuta d'arresto ai danni di una regione che stava ripartendo dopo due mesi di lockdown e dopo immensi sacrifici da parte dei cittadini».
Il ministro degli affari regionali Francesco Boccia invece affonda: «Le sentenze e le leggi non si discutono ma si applicano. E questo deve valere per ognuno di noi. La sicurezza sui luoghi di lavoro per lavoratori e cittadini è una nostra priorità assoluta nell'emergenza Covid-19. Il governo sta facendo ripartire il Paese in sicurezza. Non è la stagione delle divisioni, dei protagonismi e dell'individualismo». Ma le divisioni restano, eccome. Tra Roma e le regioni, che già decidono da sé, nei limiti della legge. Anche il Trentino, dopo l'Alto Adige, che ha anticipato tutti, è pronto a riaprire il commercio al dettaglio da martedì: «Confidiamo che il ministro Boccia dica di sì».
Il governatore del Veneto Luca Zaia freme insieme con gli altri governatori del nord che chiedono risposte subito e soprattutto che dal 18 maggio in poi, scaduto il dpcm, le decisioni sulle riaperture passino ai territori: «Se il presidente del Consiglio vuole un consiglio, io farei un bel Dpcm con un articolo solo: si delegano le Regioni, a fronte della presentazione di un piano, alle riaperture».
Nel mezzo però c'è la cautela massima del comitato tecnico scientifico, il monitoraggio dei dati di questa prima settimana della fase due, essenziale per decidere le tappe e per dare il via libera su tutto il territorio nazionale a ristoranti e bar già dal 18. «Mi risulta che ieri - aggiunge Zaia - abbia avuto una relazione dal Comitato tecnico scientifico rispetto all'andamento dell'ultima settimana, immagino che il presidente del Consiglio debba prendere in mano questa relazione e dire al Paese cosa vuol fare». E fa muro su alcune misure di precauzione nelle attività di ristorazione che già rischiano di non poter riaprire: «Da qualche parte che qualcuno parla di mettere un tavolo ogni quattro metri: se lo metta a casa sua un tavolo ogni quattro metri. Ma non nei ristoranti perché questo significa chiuderli tutti. Un conto è l'esercizio scientifico, un discorso è la vita reale che è un'altra cosa».
Dalla Liguria per il presidente Toti si è già perso troppo tempo: «Non c'è una distinzione di colore politico, né una fuga in avanti, c'è bisogno di dare risposte che talvolta sono diverse a seconda del territorio, c'è bisogno di dare fiato a delle imprese chiuse da troppo tempo e di non rivedere quel balletto ad inizio crisi». La richiesta recapitata a Palazzo Chigi è «differenziare» le aperture: «Io non sono tra i presidenti che hanno cercato di aprire prima, abbiamo chiesto al governo che il 18 dia linee guida che stiamo negoziando insieme e di applicare ai nostri territori in maniera diversa».
Intanto i territori già procedono in ordine sparso e fissano da soli le riaperture.
In Puglia dal 18 partono centri estetici e parrucchieri, con l'ordinanza firmata dal presidente della Regione, Michele Emiliano: «Il servizio va svolto per appuntamento, assicurando il rispetto delle misure generali per la prevenzione della trasmissione del virus e in particolare il distanziamento fisico, l'igiene delle mani della persona, la pulizia e la sanificazione degli ambienti di lavoro e l'uso di dispositivi di protezione individuale laddove il distanziamento non possa avere luogo». In Sicilia dal 18 maggio riapriranno i servizi socio-sanitari, il Friuli Venezia Giulia e l'Alto Adige hanno già deciso che le serrande negozi, bar e ristoranti si alzeranno da domani.
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