U na scena ignobile, che offusca la brillante operazione dei Carabinieri culminata con l'arresto del boss Giuseppe Giorgi, uno dei latitanti più ricercati della 'ndrangheta e membro dei vertici della cosca Romeo. Una «scena ignobile» l'ha definita anche Federico De Raho, capo della procura di Reggio Calabria. Mentre i militi dell'Arma lo stavano portando via dalla palazzina in cui si nascondeva, Giorgi ha ricevuto l'omaggio delle persone presenti e anche il baciamano. Tutto davanti a telecamere e flash dei fotografi. Se di questa vicenda resterà impresso qualcosa nei pensieri dei comuni mortali, non sarà certo il duro lavoro dei Carabinieri, ma solo le immagini del baciamano a un criminale, i volti e gli atteggiamenti dei calabresi di San Luca. Un applauso e nessun appunto all'Arma, alla quale è stato impossibile impedire, dopo cinque ore di perquisizione, che la gente si assembrasse davanti al palazzo. Durante un'operazione così delicata conta l'obiettivo, cioè la cattura del boss latitante. Il resto è secondario.
Ma se con il blitz è stato colpito il centro del bersaglio, non si può dire altrettanto sul fronte dell'impatto mediatico. Le immagini del baciamano hanno fatto il giro del mondo e sono rimbalzate su tutti i social, fornendo per l'ennesima volta un ritratto imbarazzante dell'Italia, di uno Stato che è in grado di dimostrare la sua forza ma che, allo stesso tempo, non riesce ad avere i cittadini al suo fianco. Certo, queste vicende sono patrimonio comune solo in alcune località del Belpaese, ma non è una consolazione. Anzi. Quello che lo Stato non è ancora riuscito a fare è rompere questo legame, stretto da paura, interesse o sudditanza psicologica e culturale, tra le organizzazioni mafiose e la gente comune. Qualcuno insinuerà che è facile parlare non vivendo a contatto quotidiano con quelle realtà criminali. Ma è solo un alibi, per spolverare la coscienza ormai incrostata dall'abitudine di piegarsi dinnanzi al mafioso di turno. Perché quello di San Luca non è un caso isolato, abbiamo assistito anche a processioni religiose che passando davanti alla casa del boss locale facevano l'inchino, per non parlare dei tentativi di impedire l'arresto di ricercati.
Di fronte a queste scene ignobili, lo Stato dovrebbe ripensare alla sua strategia. Non bastano le operazioni di polizia per avere successo contro la criminalità organizzata, ma è necessaria una penetrazione culturale senza precedenti.
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