Il balletto del decreto. E il Pd lancia messaggi: governo troppo debole

Il testo ieri sera non era ancora al Colle per la firma. I dem: basta fare i donatori di sangue

Il balletto del decreto. E il Pd lancia messaggi: governo troppo debole

Mentre, a 24 ore dalla trionfale conferenza stampa in cui Giuseppe Conte si autocelebrava, al Quirinale ancora attendevano il testo del «poderoso» decreto liquidità, dal Pd iniziano ad arrivare segnali di impazienza.

Il protagonismo accentratore del premier, che poteva essere accettabile e quasi inevitabile durante l'emergenza, rischia di diventare incompatibile con la necessità sempre più impellente di organizzare la «fase due», quella della ripresa. Lo scontro violento sulla gestione del «bazooka» per le imprese, che ha paralizzato per due giorni il governo, si è risolto con un raffazzonato compromesso che lascia uno strascico di irritazione. «Al dunque, con la scusa di mediare, Conte si è piegato ai grillini, come sulla vicenda pericolosissima del no al Mes», dicono in casa Dem. «La scelta di destinare 50 miliardi alle aziende esportatrici sotto la supervisione della Farnesina è demenziale: quali sono le aziende non esportatrici? È solo una questione di potere su cui Di Maio si è impuntato, e su cui gliela hanno data vinta», sottolinea un ex ministro del centrosinistra.

Il pastrocchio ottenuto dal ministro degli Esteri, che non perde occasione per cercare visibilità e per dimostrare che nel disastrato partito Cinque Stelle è ancora lui a comandare, rischia di complicare enormemente anche la stesura dei decreti attuativi che devono rendere operativo il decreto.

Si riaffaccia così, con urgenza, la richiesta del Pd di costituire attorno al governo una «cabina di regia» per la ricostruzione: «Ci aspettiamo che sia convocata da Conte», dice il capogruppo Delrio. «Deve essere il luogo in cui sindacati, imprese, associazioni di categoria, maggioranza e opposizione e le Regioni e gli amministratori si incontrano», perché non bastano più i «faccia a faccia» di Conte con i leader di minoranza, che, come si vede dal voto di fiducia sul Cura Italia, non portano a nulla. «In Parlamento bisogna lavorare insieme», ricorda Delrio al governo. Il coinvolgimento delle opposizioni potrebbe avvenire attraverso l'inclusione nell'organismo di alcuni governatori e amministratori di centrodestra: il nome più gettonato è quello di Luca Zaia, in onore a quel «modello Veneto» che si è rivelato vincente nel controllare l'epidemia. Con il vantaggio politico di premiare il rivale più temuto da Salvini nella Lega.

L'idea della «cabina di regia» è partita tempo fa dal Mef, preoccupato per la totale mancanza di interlocutori a Palazzo Chigi: «Il premier - spiega chi ha seguito la vicenda nel partito - non ha uno staff economico, non sa nulla di economia e si è circondato solo di avvocati e giuristi come lui: è una falla molto pericolosa», che rende difficile la preparazione dei provvedimenti. Nicola Zingaretti ha fatto sua la proposta: la «cabina di regia» può diventare, per il segretario dem che è fuori dal governo, un modo per entrare nell'area dell'esecutivo. Conte, atterrito dal timore di essere commissariato, fa però orecchie da mercante.

Ma nel Pd cresce la preoccupazione «La fase due sarà pesantissima e assai rischiosa - sottolinea senza giri di parole il parlamentare dem Enrico Borghi - e non potrà assolutamente essere gestita con i metodi usati nell'emergenza sanitaria: serve una dose massiccia di politica, non bastano più i tecnicismi da avvocato del popolo». Quello del Pd, spiega, è «un avviso ai naviganti: non può continuare la logica per cui decide tutto Palazzo Chigi tanto poi il Pd è responsabile e continua a fare il donatore di sangue».

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