Milano - Nella vita di Luca Giambusso, tutta carburatori e batterie, alternatori e piantoni dello sterzo, una settimana fa ha fatto irruzione la fattura elettronica. E men male che accanto a lui c'è sua moglie Ludmilla. Perché per il «Giambu» i motori non hanno segreti: c'è cresciuto dentro, nell'officina che suo padre Giuseppe ha aperto nel 1965 dietro piazza Piemonte, e in cui lui si è infilato la tuta la prima volta quando aveva sedici anni: e non se l'è più tolta. Così oggi è lui, a quarantotto anni, a mandarla avanti (anche se suo padre è ancora lì, a martellare su un pezzo che non si vuole raddrizzare, «eh, il ferro è sempre duro»), con passione e diligenza. Ma l'unica elettronica che conosce è quella che manda avanti le auto moderne. Di queste diavolerie di fatture digitali non sa e non vuole sapere nulla. Meno male che c'è Ludmilla.
«Vuol sapere - dice la signora - qual è il problema maggiore, per quanto ho visto sinora? Che se un cliente mi paga con uno strumento che ha una data, come un bancomat o un assegno, io per legge ho tempo fino alla mezzanotte successiva per emettere la fattura elettronica. Ma io qua ci sono solo la mattina, perché il pomeriggio ho una casa e due figli da mandare avanti. Nel frattempo magari Luca finisce un lavoro, consegna l'auto, lo pagano con bancomat. E io cosa dovrei fare? Alle dieci di sera, dopo che ho messo a letto i ragazzi, mettermi al computer?».
La pratica in sé, dice Ludmilla, non è difficile: «Cinque, dieci minuti, e si fa tutto». Luca, sbucando da sotto un pianale: «Il mondo cambia, tutto viene informatizzato e va bene che anche le fatture di carta siano destinate a sparire. Ma l'impressione è che come al solito le cose siano state fatte in modo un po' approssimativo. I sistemi si bloccano, le norme vengono cambiate da un giorno con l'altro. Conosco un libraio, per lui è tutto più facile perché per vendere i libri alle scuole doveva già fare la fattura elettronica, era già esperto. Ma io se non avessi avuto mia moglie non avrei saputo da che parte cominciare, lei ha dovuto andare, frequentare corsi». «Comunque - aggiunge Ludmilla - una parte di lavoro dovrà comunque farla lui, sarà lui a dover chiedere ai clienti la Pec o il codice univoco che serviranno a me per emettere la fattura. E se si dimentica? Lo conosco, il mio Luca. Non sa neanche accendere il computer».
Servirà a qualcosa, almeno? «Credo proprio di no - dice sconsolata Ludmilla - chi prima faceva il furbo continuerà a farlo. L'Agenzia delle entrate potrà fare i controlli incrociati delle fatture in entrata e in uscita, certo. Ma sono proprio curiosa di vedere come incroceranno i dati delle ricevute fiscali, che continuano a essere cartacee».
La lotta tra burocrazia e piccola impresa non nasce oggi, la voglia di subissare di scartoffie chi ha le mani sporche di olio per motori è molto più antica della fattura elettronica. «Quando ho scelto di continuare a fare il lavoro di mio padre - racconta Luca Giambusso - sapevo che insieme alla parte che mi piace, l'officina, c'era inevitabilmente anche la noia degli adempimenti.
A me non preoccupano i controlli, perché le tasse le pago. Oltre alle tasse pago i consulenti che mi spiegano come pagarle, pago l'Unione artigiani, eccetera. Va tutto bene, non mi lamento. Certo che a volte sembra che facciano apposta a complicare le cose».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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