E adesso? «Adesso non cambia proprio nulla. Siamo una squadra, ringrazio per la fiducia. Governiamo con loro, governiamo bene, continueremo a governare a lungo». Dopo il no della giunta per le autorizzazioni a procedere del Senato sul caso Diciotti, il Matteo immunizzato può tirare un bel sospiro di sollievo e ributtarsi in campagna elettorale: l'alleanza ha tenuto, l'esecutivo gialloverde va avanti e i Cinque stelle appaiono indeboliti e spaccati. Ma il Salvini salvato non può certo rilassarsi. C'è un patto segreto da onorare, una cambiale da pagare e i grillini già bussano all'incasso per bloccare la Tav e «ridiscutere» le autonomie regionali. Senza contare i decreti attuativi con i dettagli del reddito di cittadinanza. Ce la farà il leader della Lega a resistere?
È l'altra faccia della medaglia, il lato oscuro della vittoria. Assediato dai ribelli interni, in difficoltà dopo la sconfitta abruzzese e in calo nei sondaggi, Luigi Di Maio ha presentato il conto all'alleato. Il ministro del Lavoro ha faticato parecchio a convincere i suoi ad aiutare Matteo, e ora che c'è riuscito violentando uno dei principi cardine del movimento e frastornando gli elettori, si aspetta che Salvini saldi il suo debito.
La prima richiesta è piuttosto pesante, il congelamento almeno a dopo le Europee del progetto di autonomia per Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. In più M5s vuole cambiare il testo in quattro punti fondamentali, scuola, economia, trasporti, ambiente. La seconda pretesa è ancora più onerosa, lo stop alla Torino-Lione. Solo così, bloccando i due dossier, Di Maio può trasformare il cedimento in un trionfo politico.
Il problema è che su questi punti Salvini non può assolutamente mollare. Chi glielo racconta alle partite Iva, ai piccoli imprenditori del Nord, insomma al bacino elettorale della Lega, che l'autonomia è rinviata a data da destinarsi, o peggio, non si fa più? E la Tav? Come si può spiegare agli industriali e al mondo del lavoro che il tunnel viene rimesso nel cassetto? Il Carroccio ha il vento nelle vele, l'ultimo sondaggio gli assegna il 33 per cento e il secondo posto al Parlamento europeo dopo la Cdu della Merkel, quindi non è davvero il caso di tradire le attese del proprio popolo.
No, non si può. Così adesso la linea è temporeggiare e «rimettersi all'opera», cercando magari di dirottare l'attenzione. «Per me cambia poco, lavoravo tranquillo e continuo a lavorare tranquillo», dice da Bari il ministro dell'Interno. E, per dare sostanza alle affermazioni, ha ripreso a picchiare sul tema immigrazione. «Mi risulta ci sia una nave di una Ong tedesca verso la Libia: se pensassero di avvicinarsi all'Italia cambiassero itinerario. Lo dico prima, così nessuno poi solleva problemi. Uomo avvisato mezzo salvato».
Salvini dunque nei panni del vicepremier lascia che siano i suoi a battersi sui dossier. Del resto il fronte dei governatori del Nord è molto agguerrito e sulla Tav la controperizia costi-benefici realizzata per l'Università Cattolica di Milano da Carlo Cottarelli e Giampaolo Galli, non certo due leghisti, ha ribaltato il giudizio dei tecnici di Toninelli: «Finire i lavori conviene».
Infine il ministro dell'Interno ha anche un'altra arma per tenere a bada le smanie di Di Maio. Da lunedì il Parlamento dovrà discutere le regole attuative del reddito di cittadinanza e quota 100.
Palazzo Chigi parla di «accordo fatto», in realtà il decretone è ancora una scatola vuota e senza copertura finanziaria. La riforma della Fornero sarà pure a rischio, ma i 5s possono permettersi di far saltare il reddito? O Salvini ha già ceduto?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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