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Baruffa al centro. E Calenda fa infuriare tutti

Renzi: leader da salotto tv. Provenzano (Pd): ci toglie voti. Buffagni (M5s): dov'è il successo?

Baruffa al centro. E Calenda fa infuriare tutti

Carlo Calenda mette tutti d'accordo. Contro di lui. Tra riassestamenti a destra, terremoti a Cinque stelle e manovre al centro, le ultime amministrative hanno visto il leader di Azione tra i sorridenti. Il suo partito non ha eletto sindaci, ma l'alleanza con +Europa non è andata male, e lo stesso Calenda ha calcato la mano, parlando di una «affermazione che va dal 10 al 25 per cento».

In realtà il risultato migliore Azione e +Europa lo hanno strappato a Palermo (8,13%) dove sostenevano Fabrizio Ferrandelli, ma il «terzo polo», soprattutto sulla stampa, è stato indicato come sorpresa positiva della tornata elettorale. A vedere le percentuali aggregate nazionali di Youtrend, però, Azione e +Europa nei Comuni più grandi (senza Sicilia e Friuli) si attestano allo 0,5%, che sale a 1,8% considerando i soli 26 capoluoghi al voto e arriva a una rispettabile media del 4,6% se si contano soltanto i capoluoghi nei quali l'alleanza era presente. Ma che sia tutto oro o meno, Calenda l'ha presa benissimo. Prevedendo per il 2023 la presenza alle elezioni di «tre poli: il polo con Pd-5Stelle, quello che costruiranno Azione, +Europa e le liste civiche - diciamo l'area Draghi anche se non mi piace il termine - e dall'altro lato la destra sovranista». E Renzi? «Penso che farà un accordo con il Pd, non farà parte di questa nostra area», taglia corto Calenda. Aggiungendo - rivolto a Enrico Letta e ai dem - che essere argine alle destre «non è un programma». Riuscendo nell'intento di fare infuriare chiunque.

Per cominciare il deluso a Cinque Stelle Stefano Buffagni, che a Un Giorno da Pecora si interroga sul presunto successo del centrista che «leggo nei giornali», ha ringhiato il pentastellato, «ma non trovo nei fatti, non lo capisco», ipotizzando l'esistenza di «un sistema di informazione che ha preso dei paladini» e concludendo: «Fatemi vedere dove Azione avrebbe preso il 25». Anche Matteo Renzi non la prende bene, e così il leader di Italia viva snocciola numeri e ricorda come Iv abbia eletto sindaci, «Azione no». «La verità è che noi andiamo meglio degli altri», chiude l'ex premier, che avvisa Calenda: «Italia viva lavora all'unità del centro riformista. Senza pretendere leadership che si conquistano sul campo, non nei salotti tv». Contro Calenda che vaticina un futuro accordo Pd-Iv anche la deputata renziana Raffaella Paita: «Carlo, senza polemica, che dovresti evitare anche tu, i conti non tornano. A Carrara e Verona tu sei andato col il Pd, mentre Italia Viva con Ferri e Tosi ha raggiunto il 16% e il 25%. Invece di polemizzare prendiamo atto della fine del M5S e rafforziamo l'area riformista».

Progetto che, naturalmente, non trova d'accordo Fabio Rampelli di Fdi, fan come il suo partito di maggioritario e bipolarismo. Per Rampelli l'aggregazione intorno al polo riformista dei movimenti civici è stata «un fallimento», e Calenda, che «cerca di riesumare la palude centrista», uno con «grandi ambizioni e pochi voti». E anche quei pochi voti, chiude il cerchio il vicesegretario Pd Giuseppe Provenzano parlando all'Huffington Post, arrivano dalla parte sbagliata: «Il fantomatico terzo polo (...) non toglie un voto a destra.

Sono voti che vengono dal centrosinistra, e che se si sottraggono a una sfida progressista sono un regalo alla destra».

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