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"Basta critiche all'Europa". Re Giorgio bacchetta Matteo

Napolitano non gradisce lo strappo di Bratislava coi leader Ue. E Renzi è costretto a inchinarsi all'ex capo dello Stato

"Basta critiche all'Europa". Re Giorgio bacchetta Matteo

Il prossimo anno rispetteremo le regole europee, anche quelle che non condivido e che non ho votato io. Ma le spese per immigrazione e rischio sismico saranno fuori dal patto. L'ho illustrato a Juncker e credo che ci sia il consenso europeo», dice il premier Matteo Renzi. Che poi avverte: «Se si pensa di prendere in giro l'Italia su immigrazione e terremoto avete sbagliato destinatario». È la replica, indiretta, agli avvertimenti arrivati da Bruxelles, dal presidente della Commissione Ue Juncker.

«La flessibilità non c'era nei trattati europei - ricorda Renzi a Otto e Mezzo - Juncker ha legato a questo il suo programma. È stato di parola e noi l'abbiamo utilizzata. Rispettiamo le regole ma le regole Ue ci dicono che in presenza di eventi eccezionali si può utilizzare un margine diverso». E conclude: «Non stiamo chiedendo più flessibilità all'Europa, ma di cambiare la politica economica».

Non replica, invece, alle osservazioni arrivate ieri da Giorgio Napolitano, cui non è piaciuta l'intemerata europea di Renzi. E il presidente emerito che nominò il premier e benedisse il suo governo e la sua azione riformatrice lo rimbrotta, avvertendolo che «non si può fare da soli».

Intervistato dal Corriere della Sera, Napolitano riconosce che gli esiti del summit di Bratislava siano stati deludenti, ma alzare la voce con gli altri capi di governo - secondo l'ex capo dello Stato - non è produttivo. «Che si sia colta quest'ultima occasione di elusività e inconcludenza per dissociarsene come ha fatto il presidente del Consiglio italiano magari anche per comportamenti ritenuti scorretti nei nostri confronti, è pure comprensibile», dice, ma è ad altro che bisogna guardare.

E Napolitano illustra quella che a suo avviso è la strategia di politica europea che il governo dovrebbe seguire, indicandogli anche i punti di riferimento con cui fare sponda: più che i singoli governi, ognuno alle prese con le sue beghe interne, con il presidente della Commissione Juncker e con il capo della Bce Mario Draghi. La cui «lezione» di «misura e realismo» andrebbe seguita per avviare «un'opera di tessitura, urgente e delicata, di cui l'Italia deve farsi protagonista piuttosto che lasciarsi tentare dal fare da sola».

Non si sa se la lezione impartita da Napolitano sia stata accolta con deferenza o irritazione a Palazzo Chigi. Sta di fatto però che da quando l'allievo si è emancipato dal maestro, che del resto non è più al Quirinale, i rapporti tra i due si sono raffreddati. Il premier non ha apprezzato neppure un po' quell'altra intervista in cui Napolitano criticava l'Italicum e in particolare quel che, a parere di Renzi, dell'Italicum è la chiave di volta per rendere governabile il paese, ossia il ballottaggio.

La parte più divertente di ieri a Otto e Mezzo sono state le scintille tra Renzi e Marco Travaglio, durante la registrazione della puntata della puntata. Si parla di Jobs Act e occupazione e il presidente del Consiglio sottolinea che «non è che se ti assumo poi sei sbattuto fuori», e il direttore del quotidiano, a Renzi che rimarca che quello creato «è lavoro a tempo indeterminato», rilancia con un «siete voi che fate danni». «Rispettabile, ma una sua opinione», controbatte Renzi che poi attacca: «Quello che è diminuito sono le copie vendute del Fatto quotidiano, non i posti di lavoro». Secca la replica del giornalista: «Non è così, le mando i dati.

Pensiamo invece a quello che fate voi con i soldi dei cittadini».

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