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Dibba globetrotter: sta lontano dalla mischia ma aizza la fronda 5S

Dibba come al solito è in viaggio. Più comodo stare in un altro continente

Dibba globetrotter: sta lontano dalla mischia ma aizza la fronda 5S

Scorrono, una via l'altra, fotografie stile InterRail a zonzo per l'Europa nell'estate della maturità. Solo che il globetrotter Alessandro Di Battista, zazzera scapigliata e zaino sulle spalle, il liceo se l'è lasciato alle spalle da un pezzo (spegnerà 44 candeline il prossimo 4 agosto) e il viaggio non rimbalza da una capitale del Vecchio Continente all'altra ma lungo le strade asfaltate col sudore degli operai di Madre Russia. E, mentre su Instagram dà voce ai sudditi dello Zar tenendosi ben lontano dalle trincee ucraine, su Facebook indossa l'elmetto per aizzare la fronda grillina contro Draghi («Dovesse cadere, sarebbe un'ottima notizia») e aggiungere diavolina al falò anti Casta («Guardandogli i deretani riconoscerebbero all'istante i loro volti»).

La comunicazione di Dibba è studiata attentamente. Come sempre. Facile farla lontano da Roma, specie in un momento così difficile per Conte e i 5 Stelle. Una sorta di déjà vu del 2018 quando si era dileguato poco prima delle nozze con Salvini. Meglio dall'altra parte del mondo che assistere a una simile celebrazione. E così, anche adesso che viene giù tutto, che l'avvocato del popolo ne combina una peggio di Bertoldo, che il movimento annega negli abissi dei sondaggi, il Che Guevara di Roma Nord si trova in un altro continente. «Voglio capire cosa pensano dall'altra parte», aveva confidato alla sua vagonata di follower prima di partire per Mosca e puntare «via via verso l'estremo oriente».

Già «inviato» in Sud America, luogo di grandi fascinazioni grilline per certi regimi autoritari di sinistra che dei diritti fanno carne da macello, l'ex deputato (al momento panchinaro della politica) ha da sempre il pallino di raccontare le ragioni degli altri. Sempre dalla parte sbagliata della Storia, dicono alcuni. Ma lui se ne infischia e tira dritto. Dopo la capatina dell'anno scorso a Teheran, a questo giro gli «altri» a cui dai voce sono (guarda un po') i russi. Giorni fa è uscito il primo «reportage» sul Fatto Quotidiano. Suonava più o meno così: Draghi non ci dice a cosa stiano servendo le sanzioni, a Mosca gli effetti si sentono relativamente, il rublo è forte e così via. Altri post, tanto per dare un'idea, sono dedicati ai profughi del Donbass. «La guerra è iniziata otto anni fa...», scrive. Sembra di leggere Orsini (tanto caro a Conte e ai filoputiniani 5S della caratura di Petrocelli), solo con meno preparazione e più improvvisazione.

Per sfortuna (o fortuna) di Dibba, in Italia, l'attenzione si è spostata dall'Ucraina al Papeete di Conte. Meglio infatti trovarsi sul treno Novosibirsk-Krasnoyarsk che in un salotto tv a dover difendere i tentennamenti del capo, lo sbraitare della Taverna e i numeri del circo pentastellato. Una buona connessione gli permette comunque di non tenersi troppo lontano dalla mischia. E così, proprio mentre i 5S danno il benservito agli italiani non votando il dl Aiuti, affida a Fb un post di altissima politica: «Si appellano al senso di responsabilità quelli che negli ultimi anni sono stati responsabili solo del loro culo, tra l'altro flaccido come la loro etica».

Eh già, da Grillo ha preso davvero il meglio.

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