Battisti confessa 4 omicidi: "Per me era una guerra giusta"

Per la prima volta chiede perdono ai familiari delle sue vittime: mi sentivo un giustiziere dei nemici del popolo

Battisti confessa 4 omicidi: "Per me era una guerra giusta"

Ammette di aver commesso quattro omicidi, rinnega (a suo modo) gli anni della lotta armata, chiede scusa «con imbarazzo» alle persone cui ha causato dolore. Ma non parla dei complici, non descrive fatti nuovi (ammesso che ce ne siano), non è un pentito e non collabora con la giustizia. Cesare Battisti per la prima volta si prende le proprie responsabilità. Lo fa davanti al capo del pool anti terrorismo della Procura di Milano Alberto Nobili che sabato e domenica ha interrogato nel carcere di Oristano l'ex fuggiasco arrestato a gennaio.

«Battisti ha ammesso ogni addebito - spiega il procuratore della Repubblica Francesco Greco - Di aver partecipato direttamente a quattro omicidi, in due dei quali è stato l'esecutore materiale. Si tratta di un passaggio molto importante, che fa chiarezza su un periodo buio. Fa giustizia di decenni di polemiche e rende onore alle forze dell'ordine e alla magistratura». L'interrogatorio, durato circa nove ore, è stato richiesto dallo stesso Battisti. Nobili è titolare dell'inchiesta sulla lunga latitanza dell'ex membro dei Pac. Con lui Cristina Villa, dirigente della Digos che ha guidato le indagini che hanno portato alla cattura. Le ammissioni di Battisti sono giudicate «importantissime» dalla Procura, anche perché vengono da un uomo che è stato un irriducibile. Che per 37 anni si è proclamato innocente, dichiarandosi un perseguitato politico e sfuggendo alla giustizia. Da detenuto ha chiesto al suo legale, l'avvocato Davide Steccanella, le sentenze con le condanne a suo carico passate in giudicato. Dopo averle lette ha chiesto il colloquio coi pm. Un'unica condizione: parlare solo di sé. Complici e responsabilità sono d'altra parte già accertati. Per il resto riconosce come vero ciò che è scritto sui Pac, che agivano come «giustizieri» dei «nemici del popolo». Sugli omicidi tra 1978 e 1979 dell'agente della Digos Andrea Campagna, della guardia carceraria Antonio Santoro, dei commercianti Dino Sabadin e Pierluigi Torregiani. Nei primi due è proprio Battisti a sparare. Sulle tre gambizzazioni e sulle decine di rapine per autofinanziamento del gruppo terroristico.

«Mi rendo conto del male che ho fatto - ha detto l'ex fuggitivo, che secondo chi l'ha ascoltato mostrava profondo disagio - Chiedo scusa. Allora per me era una guerra giusta, ora so che è stata devastante». Gli inquirenti leggono le sue dichiarazioni come una «dissociazione» tardiva, ma anche come un rinnegare quegli anni. Un ricostruire il passato che è un «rito liberatorio», all'inizio faticoso ma perseguito con la volontà di fare chiarezza e togliersi un peso. «La lotta armata - ha aggiunto Battisti - ha stroncato quel movimento culturale e sociale positivo che era nato con il '68». Il suo sarebbe infine un riconoscere che le istituzioni in quel periodo hanno combattuto il terrorismo seguendo sempre le regole. Sulla latitanza l'ex Pac ha solo precisato di non aver mai ricevuto coperture «oblique, occulte», riferendosi ai servizi segreti. Ma di essere sopravvissuto grazie all'appoggio della sinistra di molti Paesi come la Francia, il Messico, il Brasile. Tali ammissioni possono far ottenere Battisti benefici durante la detenzione? Sulla carta sì. La Corte d'assise d'appello deve decidere sulla richiesta della difesa di commutare l'ergastolo in 30 anni di carcere. La prossima udienza dell'incidente di esecuzione è il 17 maggio. La Procura esclude questo risvolto: «Non siamo noi gli interlocutori designati». Mentre l'avvocato Steccanella: «Non ha parlato per eventuali benefici.

La speranza è di restituire un'immagine giusta del mio assistito, che non è quel mostro che può colpire ancora che è stato descritto. È una persona che da 40 anni non delinque e ha voluto ricostruire ciò che gli è accaduto. Cose che sono accadute ad altre migliaia di persone in quella guerra civile che molti come lui all'epoca ritenevano giusta».

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