Il maestro gentile più amato di tutti. Con le note ha scritto un'altra Italia

Scompare a 69 anni un musicista colto che Sanremo ha trasformato in un'icona

Il maestro gentile più amato di tutti. Con le note ha scritto un'altra Italia
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E adesso? Adesso ogni volta che qualcuno a Sanremo dirà "dirige l'orchestra..." tutti penseremo subito a lui, alla sua barba e alla gentilezza con cui muoveva la bacchetta e le parole, sempre armoniose quasi fossero una sinfonia. Giuseppe Vessicchio detto Peppe e talvolta Beppe ("Sei stato un uomo gentile anche quando ti sbagliavano il nome", ha ricordato Claudio Baglioni) se ne è andato all'improvviso, ma proprio all'improvviso, ieri al San Camillo di Roma per una polmonite interstiziale precipitata fino alla morte. Ciao maestro.

Una storia italiana, la sua, quella di un artista napoletano indeciso tra canzoni e cabaret fino a che la musica non gli ha lasciato alternative, prendere o lasciare. Era nei Trettrè, che allora si chiamavano Rottambuli, e fece pure una scombiccherata apparizione in Giggi il Bullo dove "c'era casino come sempre sul set, a me cascavano pure i pantaloni e c`è una scena in cui si vede che me li tengo su. Mi toccò il ruolo del beccamorto, non proprio il massimo", ci ha raccontato un paio di anni fa. Dopo quella scivolata nella commedia. Vessicchio molla i Trettrè e inizia a collaborare con Edoardo Bennato, Peppino Di Capri, Lina Sastri e soprattutto con Gino Paoli ("Una persona meravigliosa, non si è mai creduto chissà chi", ha scritto lui ieri) con il quale scrive a quattro mani pezzi come Ti lascio una canzone, ormai un classico del repertorio italiano. Un lavoro dietro le quinte, una lunga preparazione alla seconda, anzi alla terza fase della sua vita professionale, quella di icona immediatamente riconoscibile perché unica e, soprattutto, perché brava. Nel 1990 inizia a dirigere al Festival di Sanremo dove per quattro volte ha vinto come miglior arrangiatore e per altrettante volte ha vinto e basta, visto che dirigeva la canzone vincente (Avion Travel, Alexia, Valerio Scanu, Roberto Vecchioni). Passo dopo passo, sorriso dopo sorriso, è entrato nell'immaginario degli italiani anche grazie alla complice collaborazione di tutti i conduttori sul palco dell'Ariston, da Fazio ad Amadeus. Dopo tante apparizioni, la vera notizia era quando all'Ariston lui non appariva proprio, oppure arrivava come pianista delle Vibrazioni nella cover di Live and let die dei Wings di Paul McCartney. Nell'album dei ricordi italiani di questi ultimi decenni il suo è uno dei volti che suscita più simpatia e si nota anche dall'entusiasmo commosso dei social, che ieri si sono tappezzati di ricordi, battute, lacrime senza mai scadere nella polemica o nel commento pecoreccio. Dopotutto il maestro Vessicchio non lo meritava, lui era un deterrente naturale della polemica e, anche quando avrebbe potuto farla esplodere, niente da fare, sorrideva e avanti per la propria strada. Aveva un modo proprio per liquidare le provocazioni. "L`autotune è come il T9, è comodo ma non aiuta lo stile". "Sanremo? Stiamo per toccare il fondo". "Il maestro Venezi? Sono solidale anche se sono distante dal suo ideale politico sociale". Insomma, un signore d'altri tempi, ovviamente rimasto senza eredi.

Anche per questo, viveva ostinatamente lontano dai riflettori "nell'antica Sabina tra Rieti e Terni" e negli ultimi anni si era sceso ancora più a fondo nella ricerca musicale appassionandosi anche alla riscoperta di vini locali e dimenticati che considerava vecchie melodie capaci di dare musica nuova, un po' come ha provato a fare lui scavando dentro lo spartito per tirare sempre fuori il lato garbato delle note.

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