Coronavirus

La Bce "ricarica" il bazooka con altri 600 miliardi di aiuti

Il piano Pepp arriva a 1.350 miliardi e lo spread va sotto 180. Ma Lagarde "striglia" l'Europa: fate presto

La Bce "ricarica" il bazooka con altri 600 miliardi di aiuti

Ignorando gli altolà della Corte costituzionale tedesca, la Bce fa proprio il dantesco «non ti curar di lòr, ma guarda e passa» e scodella altri 600 miliardi di euro destinati ad alimentare il Pepp, il nuovo piano di acquisti contro l'emergenza pandemica. In tutto fanno 1.350 miliardi, da usare come lubrificante per la ripresa che verrà (+5,2% previsto nel 2021), per impedire che il -8,7% stimato per quest'anno si trasformi in una metastasi incurabile e per tenere sotto chiave gli spread. L'Italia, con il differenziale di rendimento fra Btp e Bund sceso ieri sotto i 180 punti e dunque ai livelli di marzo, sentitamente ringrazia, non potendo ancora beneficiare degli aiuti a livello europeo.

Della Christine Lagarde tremebonda e pasticciona del marzo scorso, fino al punto di scivolare maldestramente sulla buccia di banana dei titoli sovrani, pare non essere rimasto più nulla. Il coronavirus è stato il propellente ideale per agire e per vincere le resistenze dell'ala dura del consiglio direttivo. Ancora si rema un po' contro, nel board, ma sono quisquilie. «C'è stato un dibattito sulla cifra (aggiuntiva del Pepp, ndr), ma insieme abbiamo deciso che i 600 miliardi avrebbero potuto portarci vicini ai livelli pre-Covid sul fronte inflazione», ha spiegato la presidente dell'Eurotower. Certo, finora il più è stato fatto a Francoforte. Bruxelles non tiene il passo. E, infatti, Christine dà ancora la sveglia all'Ue, accogliendo con un «energico benvenuto» la proposta di Recovery Fund, ma avvertendo che dopo le misure anticrisi prese «è urgente compiere ulteriori sforzi per sostenere la ripresa visto che nel secondo trimestre stiamo assistendo a «crollo senza precedenti» e che il recupero sarà «tiepido».

Alla Bce, che ha mantenuto a zero il tasso di riferimento e a -0,50% quello sui depositi, la rotta è invece già stabilita. Almeno fino a giugno del 2021, quando il Qe XXL, un'arma efficace per scongiurare «la spirale negativa dei mercati», dovrebbe arrivare al capolinea se i prezzi al consumo avranno dato segni di vita. Il reinvestimento dei titoli in scadenza non verrà invece interrotto prima della fine del 2022. Alcuni analisti sono però convinti che la potenza di fuoco non sarà sufficiente per arrivare al traguardo, al punto da prefigurare un intervento supplementare nei prossimi mesi. Anche perché, in appena un bimestre, due terzi delle munizioni a disposizione sono già state consumate. Un ritocco al programma anti-pandemia potrebbe rendersi necessario se la Bce decidesse di allargarne il perimetro alle obbligazioni fallen angel, quelle che hanno perso il bollino blu dell'investment grade. Al momento, in consiglio «non se n'è parlato». Una posizione formale volta a evitare quelle che la stessa Lagarde ha chiamato «profezie che si autoavverano».

In futuro, la banca centrale potrebbe anche optare per un irrobustimento del quantitative easing tradizionale, rimasto ieri fermo ai 20 miliardi di acquisti al mese, più altri 120 miliardi fino a fine anno. Il mancato aggiustamento non è indice di debolezza dopo la sentenza, avversa al Qe, arrivata da Karlsruhe. L'ex ministro francese delle Finanze si è limitata a ribadire come il board sia «fiducioso» sulla possibilità di trovare una soluzione che «non comprometta l'indipendenza della banca centrale», ma i 600 miliardi messi sul piatto sono già l'evidenza che la conduzione della politica monetaria non ha subìto alcun condizionamento dai giudici in toga rossa.

Resta tuttavia aperta una questione. Malgrado il Pepp abbia un approccio flessibile rispetto alla regola della capital key, al punto che i 37,4 miliardi di acquisti di Btp nei primi due mesi del programma rappresentino il 21,6% del totale rispetto al 12% della quota italiana nel capitale Bce, i Bund fanno ancora la parte del leone. «Gli acquisti devono coinvolgere tutte le giurisdizioni per sostenere la politica monetaria», ha detto la Lagarde.

I prossimi mesi diranno se la crisi economica avrà determinato anche la rottamazione di questo tabù.

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