La Bce sferza l'Italia e lancia dubbi su debito e crescita

Troppi debiti, così è impossibile dare slancio alla crescita economica. La Bce torna a sferzare l'Italia nell'ultimo Bollettino mensile, e a mettere un punto interrogativo sulla sostenibilità del nostro debito. Il rapporto parte da un dato di fatto: siamo l'unico Paese dell'area euro a mostrare un differenziale positivo tra il tasso di interesse medio che deve pagare e il tasso di crescita nominale della propria economia. Detta altrimenti, la crescita del Pil non tiene il passo del costo del debito. Come intervenire? L'istituto presieduto da Mario Draghi non vede che una strada, l'avanzo fiscale primario, ovvero un saldo positivo tra entrate e uscite al netto della spesa per interessi. Per la verità, con la sola eccezione del 2009, è dal 1992 che l'Italia è in surplus. Lo scorso anno è stato pari all'1,6% del prodotto interno lordo. Ma, evidentemente, questa percentuale non è ancora sufficiente per ridurre - o quantomeno stabilizzare - il peso dell'indebitamento. La soluzione prospettata da Francoforte presenta comunque qualche controindicazione. Perseguire un obiettivo ambizioso di avanzo primario significa sacrificare risorse che potrebbero invece essere dedicate proprio alla crescita e, il più delle volte, si traduce in un inasprimento della pressione fiscale. Insomma, più tasse in un Paese già spremuto a sufficienza.

Nel Bollettino, la Bce rileva inoltre che, dal 13 dicembre al 6 marzo, lo spread italiano a 10 anni ha continuato a mostrare «una certa volatilità» malgrado le condizioni nei mercati delle obbligazioni sovrane siano rimaste per lo più stabili. Il segno di una debolezza non ancora risolta.

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