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Beffa per Calabresi: rinvio per il ritorno di Pietrostefani

Oggi in Francia l'udienza per l'estradizione del mandante. Ma è malato e rischia di saltare tutto

Beffa per Calabresi: rinvio per il ritorno di Pietrostefani

È incredibile, ma il giorno delle celebrazioni è anche vigilia di udienza. A Milano si commemora Luigi Calabresi a 50 anni dalla sua morte, a Parigi Giorgio Pietrostefani si prepara alla resa dei conti. Oggi ci sarà udienza e l'ex dirigente di Lotta Continua sulla carta potrebbe essere estradato in Italia. È la coda di uno dei procedimenti giudiziari più accidentati e controversi della storia patria e a questo, come se non bastasse, si aggiunge la protezione sciaguratamente accordata ai fuoriusciti italiani dalle autorità francesi. La cosiddetta dottrina Mitterand che ha garantito per decenni una latitanza tranquilla e impenetrabile a decine di ex terroristi, autori di atroci delitti fra gli anni '70 e '80.

Pietrostefani ha approfittato di questo scudo e, fra un verdetto e l'altro, è scappato a Parigi dove nessuno l'ha disturbato per lungo tempo. Poi l'anno scorso il vento è cambiato: il 28 aprile 2021 è stato arrestato e quindi posto in libertà vigilata in attesa di una decisione che ora, dopo tredici mesi di attesa, potrebbe finalmente arrivare.

Comunque vada, siamo fuori tempo massimo. «Giorgio Pietrostefani - ha scritto ieri sul Corriere della sera Mario Calabresi, giornalista, ex direttore di Repubblica e figlio di Luigi - oggi ha 78 anni e da venti è latitante in Francia. Verrebbe da dire che siamo tutti, la nostra famiglia e la società italiana, prigionieri della cronaca».

Possibile che questo terribile omicidio, l'ouverture degli anni di piombo, galleggi ancora sui giornali e non trovi finalmente posto nei libri di storia? «Mia madre - prosegue Calabresi - ha insegnato a me e ai miei fratelli a non odiare, a non coltivare il rancore ma a guardare la vita con fiducia e serenità. Per questo, pur giudicando importante e preziosa anche se tardiva, la decisione francese di non garantire ospitalità a chi si macchió di reati di sangue negli anni '70, noi crediamo che il carcere di un uomo vecchio e malato oggi non abbia più alcun senso. Più importante sarebbe avere da lui e dai suoi compagni di lotte parole di verità». Pietrostefani ha subito un trapianto di fegato e nel caso dovesse essere spostato in Italia è facile immaginare quel che potrebbe accadere: una successione di certificati medici, visite di specialisti, trasferimenti in clinica per scontare i 14 anni che ancora gli mancano su un totale di 22.

Le indiscrezioni che rimbalzano dalla capitale francese vanno tutte in questa direzione: l'ex dirigente delle Officine Reggiane è ricoverato in ospedale, sarebbe intrasportabile, insomma all'orizzonte si profila un nulla di fatto, forse un rinvio per rivalutare più avanti le sue condizioni di salute.

Si, ormai è tardi per i tempi della giustizia. Sarebbe invece l'ora di far sentire la voce della verità: nessuno, a parte il pentito Leonardo Marino, l'autista del commando assassino, ha mai raccontato dall'interno la vera storia di questo crimine.

Due fatti sono certi. L'idea di ammazzare Calabresi maturó nel perimetro di Lotta Continua, fra Adriano Sofri e Pietrostefani, con Ovidio Bompressi killer: il commissario era considerato dall'ultrasinistra il killer dell'anarchico Giuseppe Pinelli, precipitato da una finestra della questura di Milano, in un cupo intrecciarsi di tragedie, nel corso dei drammatici interrogatori seguiti alla strage di Piazza Fontana.

Forse fu un malore, forse fu un incidente, forse fu spinto. Ma dalle testimonianze sappiamo che in quel momento, la sera del 15 dicembre 1969, Calabresi non era nella stanza con Pinelli. E invece da quel giorno il poliziotto comincia a morire, vittima di una violentissima campagna di linciaggio. Sappiamo anche che molti, oltre ai quattro condannati, sapevano e sanno cosa accadde quella mattina ormai lontana in via Cherubini, nel cuore di Milano. Nessuno ha mai parlato, nessuno ha mai aperto uno spiraglio di luce su quel passato doloroso, tutti hanno sempre difeso con le unghie l'innocenza degli imputati e hanno provato a ridimensionare e svalutare il racconto coraggioso di Marino.

Sarebbe ora, prima di voltare pagina, di consegnare quella pagina di sangue all'Italia.

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