P er l'associazione dottorandi e dottori di ricerca italiani «questo emendamento è la pietra tombale sulla residua credibilità del governo nei confronti del mondo universitario». L'esecutivo dei giovani firma una manovra che innesca la protesta dei coetanei che aveva promesso di stabilizzare. L'emendamento in questione è il blocco, necessario per rispettare le cifre imposte dal negoziato con la commissione Ue, fino al 16 novembre 2019 delle assunzioni a tempo indeterminato nella Pa, la presidenza del Consiglio, i ministeri, gli enti pubblici non economici, le agenzie fiscali e le università. Una misura che rischia di mettere in crisi non solo enti come l'Inps - ieri il presidente Tito Boeri ha annunciato che «avevamo previsto l'assunzione di 2.698 giovani funzionari, 1.039 li dovremo fermare» - ma anche quello degli atenei. Niente concorsi, dunque, nel 2019, e niente contratti a tempo indeterminato. I precari in scadenza rischiano di non essere stabilizzati. Il blocco fino a novembre «è una inaccettabile discriminazione - tuona l'associazione - le belle parole sul reinvestimento nella ricerca e nell'innovazione erano solo una presa in giro per reclamare voti in un mondo che ha già pagato sulla sua pelle. A oggi mancano 29mila posizioni tra reclutamento di ricercatori e avanzamenti di carriera per portare il sistema universitario ai livelli pre 2008. Ora si mette a rischio la programmazione del comparto universitario».
L'effetto rischia di essere quello di dover pagare docenze esterne per compensare le carenze. Michele Buglisi, rettore di Cà Foscari a Venezia, accusa: «Il decreto Dignità doveva contrastare la precarietà. Non per i ricercatori e per il personale universitario, evidentemente».
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