A ognuno il suo «cerchio magico». Peccato che la geometria di Emmanuel Macron si stia a mano a mano sgretolando. L'ultima scossa è arrivata ieri dal Senato, che ha chiesto alla magistratura di indagare sul braccio destro Alexis Kohler, segretario generale dell'Eliseo, noto per essere il «secondo cervello» del presidente tanto sono in simbiosi. C'è poi il capo di gabinetto, Patrick Strzoda, accusato di «falsa testimonianza», oltre al responsabile dei servizi di sicurezza della presidenza, il generale Lionel Lavergne.
Ad accomunare questi alti funzionari è la presunta responsabilità nell'affaire che vede protagonista l'ex bodyguard del presidente, fino all'estate scorsa al servizio dell'Eliseo: Alexandre Benalla, un 27enne senza particolari titoli con una carriera fulminea all'interno del palazzo, conquistata stravolgendo prassi e accortezze istituzionali anche fuori, e già a processo per violenze. Il Senato parte da lui per accusare di falsa testimonianza lo staff di Macron. Benalla deve infatti già rispondere del pestaggio avvenuto il 1° maggio scorso a Parigi, nella manifestazione in cui si presentò munito di simboli di polizia e prese parte a operazioni di cui era mero «osservatore». Le Monde pubblicò un video che lo inchiodava; fu sospeso dall'incarico all'Eliseo, poi, dopo una serie di manovre che hanno coinvolto prefettura, ministero dell'Interno e funzionari, definitivamente licenziato.
Poco dopo, Macron ha avuto con lui alcuni scambi di messaggi via cellulare, tesi a rassicurarlo sulla sua forza rispetto al labirinto di incongruenze che stavano emergendo. Intanto, partiva la macchina politica che cominciava a resocontare le varie fasi dell'affaire, chiamando i diretti interessati a chiarire in commissione. Come fosse possibile che Benalla potesse indirizzare operazioni di polizia? O prenderne parte munito di radiotrasmittente ed equipaggiamento tattico? Con lui, il 1° maggio in piazza c'era anche Vincent Crase, già dipendente del partito del presidente La République En Marche e co-protagonista del pestaggio parigino di Benalla; per cui, mercoledì, è arrivata anche l'accusa di «porto d'armi non autorizzato». La magistratura l'ha desunto da un selfie in cui il 27enne impugna una pistola. Anche Crase, ascoltato più volte dalle commissioni, è tra i nomi che il Senato ha inviato ieri alla procura chiedendo che venga processato per «falsa testimonianza».
Strzoda, Crase e Benalla rischiano fino a cinque anni di prigione e 75mila euro di multa per presunte bugie sotto giuramento al Senato. Ma a partire dalle «incoerenze» e «contraddizioni» rilevate dalla commissione d'inchiesta presieduta dal gollista Philippe Bas, che il 20 febbraio ha ricostruito il puzzle delle audizioni, l'invito alla magistratura è: chiarire pure il ruolo di Kohler e Lavergne.
Dopo la decisione del Senato il premier Philippe non si presenta al question time e il portavoce del governo, Benjamin Griveaux accusa: «Complotto politico». Il segretario generale di En Marche, Stanislav Guerini, parla di «processo politico contro l'Eliseo» da parte dei senatori, la cui «intenzione nascosta» sarebbe di »attaccare il presidente della Repubblica». «Nessuna dichiarazione di guerra - ribattono i gollisti - non siamo noi che abbiamo chiesto ai dipendenti dell'Eliseo di mentire, eravamo perfino imbarazzati». «La Costituzione conferisce al Parlamento un potere di controllo sul governo», spiega il correlatore Ps Jean-Pierre Sueur.
Il capogruppo in Senato della maggioranza denuncia invece «una manifesta volontà di alleanza tra socialisti e repubblicani per vendicarsi di una disfatta elettorale che non hanno mai accettato». Quella che, neppure due anni fa, spazzò via destra e sinistra dai rispettivi scranni per far spazio ad En Marche.
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