Sarebbe stato il primo Natale da sposati per Rosa Maria Esilio e Mario Cerciello Rega, che avevano coronato il loro sogno d'amore dopo dieci anni di fidanzamento. Invece il giorno di Santo Stefano per la vedova del carabiniere ucciso a Roma inizierà il sesto mese senza di lui.
Per la morte del vicebrigatiere, ucciso con undici coltellate a Prati, il 26 febbraio prossimo compariranno in aula i due americani Finnegan Lee Elder e Gabriel Natale Hjorth. Per entrambi l'accusa è concorso in omicidio volontario, anche se solo il primo avrebbe inferto le pugnalate.
Intanto ora a passare i guai potrebbero essere gli stessi carabinieri. Ieri, infatti, la procura di Roma ha chiuso le indagini sul filone di inchiesta relativo alla foto di Hjorth, che era stato bendato mentre veniva interrogato in una stanza del Reparto Operativo di via in Selci, poco dopo il fermo. A rischiare il processo sono due militari, che entrano nella vicenda ma con ruoli diversi. Il primo è Fabio Manganaro, individuato grazie alle indagini degli stessi carabinieri, coordinati dal procuratore Michele Prestipino e dal collaga Nunzia D'Elia. È accusato di misura di rigore non consentita dalla legge, avendo bendato con una bandana il californiano, che nella foto incriminata appare con le mani legate dietro la schiena. «Aveva iniziato a tentare di dare testate anche contro il muro e contro i computer», avrebbero dichiarato i militari presenti nei concitati minuti successivi all'arresto di Hjorth e dell'amico.
Nel registro degli indagati, poi, era finito un altro militare, Silvio Pellegrini, al quale sempre ieri è stato notificato un avviso di conclusione delle indagini con l'accusa di «divulgazione di notizie segrete o riservate», il reato relativo all'articolo 127 del codice penale militare di pace. È stato lui, per la Procura anche militare, ad aver diffuso l'immagine del ragazzo bendato in attesa dell'interrogatorio «su almeno due chat whatsapp, delle quali una dal titolo Reduci ex Secondigliano». Pellegrini è accusato anche di rivelazione di segreti d'ufficio. In prima battuta si è giustificando dicendo che quella chat era riservata ai colleghi, per «rassicurare tutti» che gli assassini di Cerciello erano stati arrestati e spiegare che l'informazione sulla nazionalità degli aggressori, fornita inizialmente da Varriale, partner di Cerciello, era inesatta perché non si trattava di magrebini.
Rischia il processo infine l'ex comandante della stazione dei carabinieri di piazza Farnese, Sandro Ottaviani, che la notte dell'omicidio affermò di aver ricevuto la
pistola d'ordinanza da Varriale, al pronto soccorso dell'ospedale Santo Spirito. A lui i pm contestano il reato di falso. È stato accertato infatti che lui e Cerciello Rega erano disarmati quando sono entrati in azione.
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