Beppe vuol scaricare la Raggi e punta sullo scontento in rete

La base potrebbe sfiduciarla. Stefàno querela Rota

Beppe vuol scaricare la Raggi e punta sullo scontento in rete

Roma - «Colomban tra un mese lascia, la delega sulle partecipate la dovrebbe prendere la sindaca». È questa la scintilla che ha appiccato l'ultimo incendio in Campidoglio e acceso la rabbia di Andrea Mazzillo, assessore al Bilancio, prima uomo di fiducia della sindaca. Ieri Mazzillo ha fatto una piccola retromarcia, su Facebook ha scritto: «Intervengo in merito ad alcune ricostruzioni di stampa. In primis, sia chiaro che condivido pienamente le linee strategiche e operative della sindaca Virginia Raggi». Poi c'è un però: «È mio obbligo richiamare l'attenzione di tutti a un rispetto rigoroso dei conti».

Che fa Mazzillo? Lancia la pietra e nasconde la mano. «Prende tempo», spifferano dal suo entourage. L'assessore vorrebbe capire come si schierano i vertici nazionali del Movimento Cinque stelle. Più difficile che Grillo&C. vogliano espellere un altro dissidente. Più probabile che usino la protesta della base romana, e la voce dell'assessore, per dare l'ennesimo ultimatum a Raggi.

Sulla sfondo non solo il caso Atac, ma anche il futuro politico di Massimo Colomban. Che il manager veneto lasci Roma a settembre è cosa nota. La novità sta nel consiglio che la sindaca ha ricevuto dal nuovo «raggio magico», dal vicesindaco Luca Bergamo e il suo predecessore Daniele Frongia: «Tieni per te l'assessorato alle Partecipate». Così si è accesa l'ennesima faida interna. Dal giugno di un anno fa i Cinque Stelle hanno estratto di tutto dal cilindro. L'ultima mossa imposta dall'alto? Assessori e manager arrivati da lontano, da altre città. La sindaca li ascolta. E li usa come «scudo»: tra quello che vorrebbe la base e quello che vogliono fare i «burocrati», che hanno la copertura di Grillo, Casaleggio e Di Maio. Non solo: ci sono pure Riccardo Fraccaro e Alfonso Bonafede, i parlamentari «tutor» messi al fianco della sindaca di Roma e mai accettati in questo ruolo da Chiara Appendino, sindaca di Torino. Fraccaro e Bonafede erano stati ringraziati pubblicamente dalla «base romana» dopo la complessa approvazione del Bilancio, con i sorrisi della sindaca e i comprensibili mal di stomaco dell'assessore Mazzillo. Ora, un pasticcio dopo l'altro, il malumore ha raggiunto livelli non più gestibili. Il caso Atac, le accuse dell'ex dg Bruno Rota è solo l'ennesimo inciampo. Ma potrebbe costare la carriera politica alla sindaca. Caso che ieri si è arricchito di altri capitoli: Rota aveva denunciato pressioni ricevute Enrico Stefàno, ora il consigliere M5s querela l'ex dg. E pubblica pure su Facebook, in nome del valore della trasparenza, lo screenshot del messaggio inviato a Rota il 12 maggio: «Ieri ho visto i rappresentanti di Conduent, mi hanno mostrato le loro proposte per un nuovo sistema di bigliettazione. Ho visto loro sono già presenti a Milano, quindi immagino li conoscerai bene. Io non sono un tecnico, ma sicuramente l'attuale sistema di Atac è a dir poco obsoleto. Quando ci vediamo sicuramente possiamo approfondire il tema».

Intanto annuncia querela anche Virginia Raggi contro Matteo Renzi, che aveva attaccato: «Dovevano fare la rivoluzione, raccomandano gli amici». Il fatto è che la rivoluzione è già finita e ora il popolo grillino potrebbe metaforicamente chiedere la testa della sindaca. Lo fa capire anche Il Fatto Quotidiano, ieri. Il giornale più amato dai pentastellati titolava: «Raggi contro l'assessore, ma zitta sul concordato Atac (di cui sa da mesi)».

Perché la voce che nel fine settimana circolava in Campidoglio era chiara: «Era stata lei a chiedere a Rota di studiare la possibilità di un concordato. La verità è che Rota non ha fatto nulla». Probabilmente non era abbastanza rivoluzionario.

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