Berlino, una poltrona per due. E le coalizioni sono un rebus

Il dopo Merkel si apre oggi con un pieno di incognite. Spd in testa, poi Cdu in recupero. Più staccati i Verdi

Berlino, una poltrona per due. E le coalizioni sono un rebus

Per il suo ultimo, e in qualche modo storico, comizio prima delle elezioni di oggi Angela Merkel si è presentata ad Aquisgrana, la città d'origine del candidato cancelliere del suo partito, la Cdu-Csu. Armin Laschet, in fase di faticoso recupero nei sondaggi ma sempre secondo dietro al socialdemocratico (e attuale vicecancelliere) Olaf Scholz che ha il vento in poppa, ha bisogno più che mai del sostegno della «mamma politica» di cui la Germania si sente fin d'ora orfana. E la Merkel non glielo ha negato, tessendo le sue lodi a un pubblico dubbioso al quale ha ritenuto opportuno rammentare che alle elezioni politiche non si giudica l'estetica di un candidato, ma il futuro del proprio Paese. «Domani c'è in ballo la stabilità della Germania e non è indifferente chi governerà - ha detto la cancelliera uscente - Armin Laschet è capace di costruire ponti, coesione tra persone anche diverse».

Messaggio non casuale, perché se c'è una certezza alla vigilia di questa chiamata alle urne è che formare coalizioni bipartitiche omogenee (Cdu-Csu con i liberali al centrodestra, o socialdemocratici della Spd più verdi a sinistra) risulterà impossibile. Basta un'occhiata agli ultimi sondaggi, con la Spd al 25 per cento, la Cdu-Csu al 22, i Verdi al 16, i liberali all'11, l'estrema destra dell'Afd pure all'11 e l'estrema sinistra della Linke al 6, appena al di sopra della soglia di sbarramento fissata in Germania al 5 per cento. Uno sbriciolamento che porterà anche stavolta in Parlamento a Berlino sei partiti (o forse cinque, se oggi la Linke inciampasse sul traguardo): effetto di quella evidente mancanza sulla piazza tedesca di leader carismatici che fa tanto rimpiangere l'uscente Merkel e sembrare l'esperto Scholz lo Helmut Schmidt che non è.

Servirà quindi prepararsi a faticosi negoziati per mettere insieme maggioranze a tre, anche perché ormai nemmeno la solita soluzione di emergenza della Grande Coalizione tra Spd e Cdu-Csu pare destinata a disporre dei numeri necessari: da qui il richiamo merkeliano all'esperienza di Laschet come uomo dei compromessi, ma anche la calda raccomandazione agli elettori di consentire ai cristiano-democratici di rimanere il partito più forte, e poter così condurre le danze per la formazione del futuro governo. Sulla carta, le coalizioni a tre possibili sono numerose, ma nessuna entusiasma per via della incompatibilità tra i programmi dei vari partiti. La futura maggioranza, come ieri ha ammesso lo stesso Scholz, verrà formata a tavolino in base ai numeri disponibili dopo il voto, in un trionfo di pragmatismo obbligato. Per semplificare la materia al pubblico, i media tedeschi usano la metafora delle bandiere, con le loro variegate combinazioni di colori. La meno improbabile tripletta sembra essere quella rosso-verde-gialla, che dovrebbe chiamarsi a rigore Lituania ma che è stata invece battezzata «Semaforo»: Spd, Verdi e liberali avranno probabilmente i numeri per governare assieme, ma gli idealisti dell'ecologismo e gli intransigenti liberali sembrano fatti apposta per litigare tra di loro, e infatti già cinque anni fa mandarono all'aria negoziati post voto durati mesi. C'è poi l'ipotesi Giamaica (nero-verde-gialla), con la Cdu-Csu al posto della Spd con verdi e liberali e scarse chance d'intesa.

Meno ancora ne avrebbero la coalizione Germania (nero-rosso-gialla), una Grosse Koalition rafforzata dai liberali, e quella Kenya (nero-rosso-verde). Osteggiatissima a destra infine (ma anche a Bruxelles) l'ipotesi aritmetica rosso-rosso-verde, che porterebbe al governo con Spd e Verdi gli ultrà rossi nostalgici del Muro di Berlino.

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