C'è un rischio: che gli ebrei fuggano dalla Germania come nemmeno negli anni Trenta del secolo scorso quando poi qualcuno decise di risolvere le cose a modo suo. L'allarme arriva dal ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas, che in un intervento all'edizione domenicale dello Spiegel, il più importante periodico nazionale, ha esortato a fare maggiori sforzi contro l'antisemitismo non solo per una battaglia di civiltà, democrazia, tolleranza ma anche perché è già in corso un lento esodo degli ebrei dal Paese: «Non mi sorprende che quasi ogni secondo un ebreo abbia pensato di lasciare il Paese», scrive Maas, convinto che però questo stillicidio potrebbe prendere presto forme più robuste. «Dobbiamo prendere urgentemente contromisure in modo che tali pensieri non si trasformino in amara realtà e non si arrivi a un massiccio esodo di ebrei dalla Germania. Che la gente di religione ebraica non si senta più a casa qui è un vero incubo e una vergogna, a 75 anni dopo la liberazione di Auschwitz».
Maas ritiene che l'antisemitismo sia divenuto moneta corrente in Germania, nel discorso politico e nella pratica quotidiana e non riesce a farsene una ragione. Racconta come esempio la storia di Max Primorozki, capo della comunità ebraica di Halle, nell'ex Germania Est, ancora turbato dall'attentato contro la sinagoga locale da parte di un esaltato lo scorso 9 ottobre, una gragnuola di spari e molotov che per fortuna non fecero danni anche grazie al fatto che la porta dell'edificio tenne e impedì all'antisemita di fare irruzione nei locali dove si stava svolgendo una funzione religiosa. Primorozki - ricorda Maas - di recente ha detto che «Halle era casa sua» e questa «è una delle affermazioni più tristi che io abbia sentito fare da molto tempo. Le sue parole esprimono la totale disperazione per il fatto che l'antisemitismo è tornato a far parte della vita quotidiana degli ebrei in Germania». Il ministro degli Esteri tedesco propone nel suo intervento una serie di linee di intervento a livello europeo, che comprende un network per la lotta all'antisemitismo e per la lotta ai crimini d'odio e alle campagne di disinformazioni sul web, la disponibilità di ogni Paese membro Ue a istituire il reato di negazionismo dell'olocausto, con la creazione di una task force globale specializzata, e infine programmi di educazione specifici rivolti agli studenti. Per restare sul pratico, Maas ha annunciato che, al fine di aumentare la protezione e la sicurezza delle comunità ebraiche, quando la Germania nel secondo semestre del 2020 avrà la presidenza di turno dell'Ue stanzierà 500mila euro in favore dell'Organizzazione e la Cooperazione in Europa.
Un passo in avanti l'ha fatto ieri il governo olandese, che per la prima volta dalla fine della Seconda guerra mondiale ha chiesto ufficialmente scusa nei confronti della comunità ebraica per le azioni dell'esecutivo dell'Aja all'epoca della Shoah. A farsi artefice di questo gesto storico il primo ministro Mark Rutte, che ha deposto una corona di fiori al Memoriale nazionale dell'Olocausto di Amsterdam. Non era mai accaduto prima che il governo olandese si scusasse per la persecuzione degli ebrei nei Paesi Bassi e la loro deportazione di massa nei campi di sterminio, che portò alla morte di 102mila ebrei sui circa 140mila che vivevano nel regno prima della guerra.
«Mi scuso a nome del governo per le azioni del governo di allora, ora che gli ultimi sopravvissuti sono ancora tra noi», ha detto Rutte, alla vigilia del 75esimo anniversario della liberazione del campo di sterminio di Auschwitz. Secondo Rutte, il governo olandese venne meno al suo dovere di «custode della giustizia e della sicurezza» e «troppi funzionari olandesi eseguirono gli ordini dell'occupante tedesco».
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