Un imputato che non riesce a liberarsi dei postumi del Covid. E un processo arrivato sul ciglio della fine che non riesce a finire. Davanti al tribunale di Siena ieri si consuma la sesta udienza a vuoto del caso Ruby ter, con giudici, pm ed avvocati che si ritrovano in aula già quasi rassegnati al viaggio a vuoto. Perché tutti sanno che gli accertamenti clinici che hanno reso necessario il ricovero di Silvio Berlusconi all'ospedale San Raffaele non sono terminati, l'ex premier è da ormai otto giorni ricoverato in attesa delle decisioni dei medici ma non intende rinunciare ad essere presente all'udienza, perché è un'udienza decisiva, quella al cui termine i giudici si ritirerebbero per emettere la sentenza. E prima che lo facciano l'imputato Berlusconi vuole prendere la parola per convincerli di essere innocente. Non ho mai pagato nessun testimone per mentire in aula durante il processo Ruby, vuole dire il Cavaliere, per il semplice motivo che non avevo nulla da nascondere sulle mie feste ad Arcore. E men che meno ho corrotto il pianista Danilo Mariani, che lavora per me da una vita, e che ho sempre pagato per il suo lavoro.
Per questo gli avvocati di Berlusconi chiedono al tribunale di rinviare nuovamente l'udienza. Il pubblico ministero Valentina Magnini si oppone. La dottoressa non crede al certificato medico, pensa di trovarsi di fronte ad una malattia inventata solo per impedire che si faccia la sentenza: per Berlusconi ha chiesto quattro anni e due mesi, per Mariani quattro e mezzo, chiede una perizia. É la scena già vista in altri processi al leader di Forza Italia, dove i giudici ordinavano visite fiscali che si concludevano quasi sempre con la conferma dei certificati medici. Ma ieri il tribunale non si accoda al pm, il certificato arrivato dal San Raffaele è più che sufficiente. Udienza rinviata al 22 aprile, con la speranza che Berlusconi per allora si sia ripreso.
Il tribunale dice di no, oltre che al pm, anche ai difensori di Danilo Mariani. Il musicista è esasperato da un processo che si trascina ormai da oltre cinque anni, vorrebbe uscirne in un modo o nell'altro, ma la sua sorte è legata a quella di Berlusconi. Ieri Salvatore Pino, il suo legale, chiede che il processo sia spezzato in due, e che almeno per Mariani si pronunci la sentenza. Niente da fare, i giudici gli rispondono che «per evidenti ragioni di economia processuale» il processo deve restare unico. Se giudicassero Mariani, il giudice Ottavio Mosti e i suoi colleghi non potrebbero più giudicare Berlusconi, subentrerebbero altri giudici e si dovrebbero rifare almeno arringhe e requisitoria. Meglio aspettare che Berlusconi guarisca.
D'altronde l'idea che l'ex premier stia affastellando rinvii solo per schivare la sentenza, come sembra ritenere il pm, non fa i conti con almeno due dati di fatto. Il primo è che comunque, in un modo o nell'altro, la sentenza arriverà, anche perché la prescrizione non decorre. Il secondo è che di tutti i processi per falsa testimonianza e corruzione giudiziaria scaturiti dal Rubygate questo è quello dove le chance di una assoluzione sembrano più alte.
Mariani non è un Olgettina, ha assistito solo alla parte iniziale delle feste: e quindi, anche se una parte più allegra fosse effettivamente andata in scena, lui potrebbe davvero non averla vista. E che i pagamenti da parte di Berlusconi siano iniziati da ben prima del caso Ruby è documentato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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