Berlusconi apre alle primarie, seppur con regole certe; fa il tifo per un Salvini senza felpa, con la consapevolezza di essere ancora in gioco; e àncora il partito all'opposizione non badando alle prossime scosse telluriche nel partito.
Sebbene tutti i commentatori mettano in luce l'assalto del Carroccio nei confronti di Forza Italia, il Cavaliere minimizza: «Con la Lega non ci sono mai stati problemi e non ci saranno neppure questa volta», ripete in quel di Arcore. Vero è che, forte del successo elettorale, Salvini mostra i muscoli ed è tentato dal dire «il leader dei moderati sono io». In fondo lo afferma in modo abbastanza chiaro quando sostiene davanti ai microfoni che «l'unica alternativa a Renzi è la Lega. E i numeri li sa leggere anche Berlusconi». Ma al di là dei freddi numeri il leader del Carroccio, in fondo, condivide il pensiero dell'ex premier: per sfondare nell'elettorato moderato Salvini deve cambiare un po' la sua immagine. Meno felpe e più giacche e cravatte; meno ruspe e più attenzione ai problemi del fisco, della spesa pubblica e della burocrazia. A questo proposito il canale con Arcore resta aperto e il dialogo è affidato a Giancarlo Giorgetti che si interfaccia principalmente con Deborah Bergamini e Giovanni Toti.
Un Toti raggiante per il fresco successo in Liguria che indica la via parlando di «modello Ligure»: «Lega e Forza Italia possono e devono dialogare con Area Popolare e Fratelli d'Italia. In Liguria c'è l'embrione dell'alleanza del futuro». E sulle primarie, ripete quanto detto in campagna elettorale dal Cavaliere: «È giusto che la coalizione trovi regole per selezionare la propria classe dirigente. Decideremo insieme aon gli alleati e Forza Italia non ha paura di confrontarsi». C'è un cauto ottimismo perché Renzi non ha sfondato e l'esercito di italiani che ha disertato le urne di domenica è principalmente e naturalmente di centrodestra. Si tratta solo di convincerli a tornare alla casa madre. E Berlusconi è pronto a «fare il regista» e ricostruire il rassemblement dei moderati. Il Cavaliere è convinto che «c'è tempo per riorganizzarci» perché non si andrà al voto tanto presto: «non solo loro ma soprattutto i grillini non hanno alcuna intenzione di far cadere la legislatura e lasciare il Parlamento».
Un Parlamento che vedrà presto l'ennesimo rimescolamento delle carte. A dirlo chiaro e tondo il ribelle Raffaele Fitto, pronto a far salpare i suoi gruppi: «Dodici senatori hanno già aderito al progetto, altri ci seguiranno alla Camera». Per palazzo Madama i numeri sono sufficienti (ne servono dieci ndr ); per Montecitorio il discorso cambia perché di deputati ne occorrono venti e non sembra che l'ex governatore pugliese riesca a convincerne tanti. Un aiutino potrebbe arrivare dagli uomini vicini a Verdini, anche lui malpancista per la rottura del Nazareno. Ma c'è un nodo immenso: Verdini vorrebbe dare una mano al premier sulle riforme mentre Fitto è marcatamente antigovernativo. Al di là dei numeri, in ogni caso, lo strappo nei gruppi è certa e anche Fitto reclama le primarie: «Si facciano entro un anno, massimo autunno 2016».
L'ennesima scissione, dopo quelle di Fini e Alfano, che non impensieriscono l'ex premier convinto com'è che il contenitore dei
moderati così perde i «professionisti della politica» per lasciare spazio a gente nuova che provenga dal mondo del lavoro, dell'impresa, del volontariato. Per una rivincita che vede a portata di mano perché «Renzi è un bluff».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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