«M a quale Nazareno? Forza Italia è e resta all'opposizione», dice Berlusconi da villa Certosa in Sardegna dove passerà qualche giorno di relax. È un po' scocciato dalla lettura dei giornali che, in coro, accreditano la tesi di un ravvicinamento degli azzurri al premier. Più o meno tutti parlano di «patto», secondo il Cavaliere a sproposito. «È la legge che impone l'accordo dei due terzi in commissione per le nomine di viale Mazzini. Capisco che in tanti spingano perché il Nazareno risorga ma non sarà così». Insomma, se si è arrivati a un accordo sul presidente di viale Mazzini è stato perché le norme in vigore imponevano di trovare un nome il più possibile condiviso. È la legge Gasparri a imporlo. E infatti lo stesso Gasparri mette i puntini sulle «i»: «Masse di superficiali straparlano di patto del Nazareno sulla Rai. Lo fanno per il gusto di dire sciocchezze. La mia saggia, intatta e invitta legge, sopravvissuta anche al tosco blateratore, impone un quorum dei due terzi. E l'intesa tra le parti è imposta dalla legge per cercare soluzioni equilibrate, condivise, qualificate, da sancire in pubbliche decisioni in una commissione bicamerale davanti al Paese».
Certo, Renzi avrebbe potuto cercare l'intesa con il Movimento 5 Stelle e, di fatto, ha preferito cercare la sponda con gli azzurri. Oppure il Cavaliere avrebbe potuto impuntarsi su un nome indigeribile per il capo del Pd e costringerlo così a rimandare le nomine dei vertici della tv di Stato a settembre, dandogli un sonoro schiaffo; e così non è stato. Diciamo che s'è operato in un clima di reciproco fair play; ma da qui a parlare di inciucio o addirittura di «patto» ce ne corre. Berlusconi continua a ribadire che la linea del partito è imbullonata all'opposizione senza se e senza ma e richiama a quanto detto prima di partire per la Sardegna: «La linea è quella del documento approvato all'unanimità all'ultimo consiglio nazionale di Forza Italia». Di Renzi non si fida più e non ha intenzione di gettare una ciambella di salvataggio al premier proprio mentre il suo gradimento cala a vista d'occhio.
Anche sulle riforme il Cavaliere non darà una mano a Renzi. O meglio, è disposto a risedersi al tavolo della trattativa ma solo se il premier cederà su quanto ha più volte dichiarato di non voler cedere: «Il percorso delle riforme è in una situazione di stallo perché il cosiddetto Italicum, approvato dal Parlamento con gravi forzature regolamentari, non corrisponde al disegno originario del patto del Nazareno», scrive Brunetta nel suo Mattinale . E proprio Brunetta va all'attacco di Napolitano che sul Corriere della sera auspica che la riforma vada in porto. «Una lettera che ci preoccupa nel metodo e nel merito - dice Brunetta - Nel metodo perché entrare nel pieno del dibattito non aiuta un dibattito già estremamente complesso. Nel merito poi, la posizione di Napolitano è rispettabile ma non può essere considerata l'unica ammissibile». E Brunetta non è il solo a pizzicare l'ex capo dello Stato. Pure Gasparri avverte: «Il presidente emerito ha certamente titolo e funzione per rivolgere appelli importanti e autorevoli al Parlamento. Tuttavia, ciò che dice Napolitano non è obbligo per tutti». Un altro elemento, questo, che accredita la tesi secondo cui Berlusconi non ha intenzione di tornare sui suoi passi e dare una mano al premier sul nuovo Senato.
Sul fronte del partito, invece, il Cavaliere cerca sempre di rassicurare i suoi parlamentari che non ha alcuna intenzione di rottamarli e che «L'Altra Italia» non è in
contrapposizione a Forza Italia che, in verità, rimane in subbuglio. E questo nonostante la notizia che Fitto, da tempo separato in casa, abbia rimandato il varo del suo gruppo autonomo alla Camera. Pare non abbia i numeri.
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