È un Berlusconi motivatore quello che si fa sentire via telefono a Civitanova Marche per salutare le centinaia di militanti accorsi qui per la kermesse organizzata dal coordinatore regionale e senatore, Remigio Ceroni. Una sala gremita ed entusiata che il Cavaliere pare percepire bene: «Stiamo ripartendo dopo lo choc che ci ha colpiti ma sono sicuro che possiamo vincere le prossime elezioni», giura. Sì ma come? E qui Berlusconi, forse per la prima volta, ammette che la tv non può aiutare. È vero che la sentenza che lo ha condannato limita molto i suoi spostamenti; è vero che «poi ci sono troppi argomenti di cui non posso parlare». Ma la novità è che per Berlusconi, uomo delle televisioni, la televisione non basta più: «Avete visto? Nessuno guarda più i talk show. Gli italiani non seguono nemmeno i telegiornali e men che meno i cosiddetti pastoni politici. E neppure i giornali servono: gli elettori leggono sempre meno». Quindi? La soluzione è tornare all'antico, al vecchio metodo del porta a porta: «Possiamo convincere gli altri a votare per noi soltanto attraverso il contatto personale». Meglio il contatto umano. E la rinascita di Forza Italia deve ripartire da qui: dal territorio per convincere quei tanti elettori che da tempo non vanno più a votare, quel «50% di elettori che alle Europee non hanno votato».
E ancora: «Dobbiamo riuscire a trasformare la maggioranza numerica del ceto medio dei moderati a cui apparteniamo in una maggioranza politica. Sembra una follia ma io ci credo». E ci credono pure i marchigiani che quando sentono il Cavaliere così battagliero si spellano le mani. «Il nostro compito è quello di aiutare chi non crede più alla politica a sentire il dovere di interessarsi del nostro destino». Quindi: «Se riuscissimo a convincerne anche 2-3 su 10 e se riuscissimo con le sentinelle del voto a non farci sottrarre quei tanti voti che ci sono sempre stati sottratti, riusciremmo a ottenere una grande vittoria. E voglio una vittoria anche senza alleati, da solo; con un governo con soli nostri ministri».
Certo, sembra un'impresa ma Berlusconi è convinto che i voti andati all'Ncd torneranno tutti. Così come stanno tornando alcuni parlamentari e tanti consiglieri regionali e comunali. Cita il senatore Tonino D'Alì e il consigliere marchigiano Giacomo Bugaro, presente in sala: «So che è lì. Lo abbraccio». Dice che «dobbiamo tenere le porte aperte a chi vuole tornare con noi; porte che rimarranno chiuse, invece, a chi ritiene giusto e doveroso appoggiare un governo di sinistra». E la platea applaude convinta come ha fatto durante gli interventi di Maria Stella Gelmini, Maurizio Gasparri, Ignazio Abrigani, Gilberto Pichetto, Marco Marin, Catia Polidori: tutti a dire che Renzi parla bene ma razzola male. Insomma, è un bluff.
E Berlusconi non lo nega: «Abbiamo una riforma della giustizia di cui ci dobbiamo molto, molto preoccupare. I giustizialisti non possano prevalere con norme che limitino la nostra libertà». Certo, non basta: «È vero, oggi siamo minoranza e la nostra voce non è incisiva; ma ce la metteremo tutta e in futuro torneremo maggioranza». Quindi il Cavaliere parla di politica estera, di terrorismo internazionale e di ebola: «Ho avuto rendiconti su quanto sta accadendo in Africa: c'è da star male. È un vero flagello di Dio». Ma il Cavaliere non perde la voglia di lottare e arringa i suoi così: «Fate come me, non arrendetevi mai».
Poi, nel pomeriggio, l'ex premier si concede lo spettacolo teatrale «Nerone - Duemila anni di calunnie», prodotto da Edoardo Sylos Labini. «No, non mi sento come Nerone ma anche su di me in questi anni hanno raccontato tante bugie», dice all'uscita del Teatro Manzoni di Milano.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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