«D obbiamo salvare il Paese dal pericolo grillino e andare avanti con un centrodestra unito e moderato», ripete Silvio Berlusconi ai suoi. A Roma, il leader di Forza Italia è al lavoro sul suo programma «rivoluzionario» di rilancio del partito e dello schieramento, studia le proposte della flat tax e della doppia moneta.
A Palazzo Grazioli il Cavaliere incontra, oltre a collaboratori e parlamentari, diversi imprenditori che si avvicinano a Fi per sostenere la nuova battaglia azzurra. Si sa che ama più i manager di successo che i politici di professione e ha detto chiaro e tondo che intende candidare soprattutto quelli nella sua squadra per le prossime elezioni. «C'è grande attivismo - assicurano i più stretti collaboratori- e grande ottimismo anche sulle alleanze».
La presidente di Fdi Giorgia Meloni decide di smorzare gli attriti post elettorali. «Vogliamo finirla con le polemiche? Lo vogliamo capire il messaggio che gli italiani ci hanno mandato con le amministrative? Hanno voluto punire Renzi e non credono ai 5 Stelle. Si continua con il gioco masochista: Alle amministrative ho vinto, No, sono io il primo partito del centrodestra. Oppure: Il leader lo faccio io, Macché, si vince con una coalizione moderata, il capo sono io. È un dibattito infantile».
In realtà, tra gli azzurri molti sono convinti che Salvini alzi i toni per giocarsi una partita interna. «I problemi nel Carroccio non mancano - dice una deputata di Fi- e lui ha a che fare con Roberto Maroni che ha fissato al 22 ottobre il referendum per l'autonomia in Lombardia, riempiendo Milano di manifesti. È chiaro che cerca una sua personale affermazione. E Maroni è aperto al dialogo con noi».
Come un segnale distensivo viene interpretata la recente intervista di Giancarlo Giorgetti, uno che non esce spesso allo scoperto e viene definito il più potente della Lega. La sua sembra una mano tesa a Fi. Stefano Parisi, leader di Energie per l'Italia, che vuole essere quarta gamba del fronte di centrodestra, legge nelle parole di Giorgetti una svolta europea, una linea più ragionevole di quella che sostiene l'uscita dall'Ue. «Ha detto - sottolinea - che bisogna cambiare i trattati europei, una scelta molto giusta. E se la Lega si orienta in questa direzione è possibile fare un'alleanza di governo del centrodestra» .
Ma fino a quando non si sceglierà la legge elettorale, e dunque per tutta l'estate, in casa Fi si prevede che continueranno le «scaramucce» con il leader leghista. Alla fine saranno le regole del voto a dettare le scelte e le alleanze: con il sistema proporzionale tedesco, che per il Cavaliere rimane il migliore, ognuno correrà per suo conto, ma dopo le alleanze si dovranno fare ugualmente; con quello maggioritario bisognerà stare uniti e vedere se la soglia sarà al 40 per cento. Il centrodestra, secondo le ultime rilevazioni di Euromedia, ora è stabile al 33.
La legge elettorale resta centrale e per velocizzare l'iter una parte degli azzurri insiste per ripartire dal Senato. «Alla Camera - spiega l'ex presidente di Palazzo Madama Renato Schifani-, dovrebbe essere corretto il famoso emendamento sul Trentino, che ha fatto saltare il patto a 4. Dunque, ci vorrebbe una terza lettura.
Se, invece, si ricominciasse dal Senato tutto sarebbe più rapido e verrebbe incontro anche alle aspettative del Quirinale. Si può fare: basta un accordo tra i due presidenti delle Camere, con il sostegno dei partiti, naturalmente. Ne ho fatti tanti, ai tempi, con Fini...».
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