B erlusconi serra i bulloni della macchina elettorale, strappa l'appoggio della Meloni al «suo» Toti in Liguria, dà la carica ad Adriana Poli Bortone in Puglia ma è tentato di non mettere la faccia in queste regionali. Rumors di palazzo confermano che per queste amministrative il nome «Berlusconi» non dovrebbe comparire nel simbolo. Ci sarà Forza Italia ma non il brand forte del suo leader. Un po' perché i sondaggi, salvo in alcune Regioni dove si intravede la rimonta, non sono entusiasmanti. Un po' perché il Cavaliere ha sempre volato più alto, relegando le contese amministrative a battaglie di secondo livello. Non solo: forse mai come questa volta il centrodestra naturale (dalla Lega ad Ap) si presenta con alleanze a macchia di leopardo e disunito. Il contrario di quanto ha sempre predicato l'ex premier. Perché, quindi, metterci il sigillo col proprio nome? Vero è, però, che Berlusconi è pressato dai suoi: «Presidente, i voti sono tutti e solo tuoi - gli dicono - e se scendi ancora in campo tu possiamo farcela».
Il Cavaliere è dubbioso ma in ogni caso assicura appoggio e aiuti in campagna elettorale laddove ce ne sarà bisogno: «Berlusconi l'ho sentito stamattina e verrà in Puglia a sostenermi», giura Poli Bortone, candidata da Forza Italia e scaricata dal suo partito, Fdi. Fratelli d'Italia che, più a nord, scioglie la riserva e decide di appoggiare l'azzurro Giovanni Toti, dato in rimonta. Pace fatta, quindi tra Meloni e Berlusconi? Non proprio perché un big di Fdi liquida così la scelta: «Appoggiamo Toti per motivazioni prettamente locali. Infatti altrove, Puglia, Veneto e Marche andremo divisi».
Il capogruppo alla Camera, Renato Brunetta, comunque suona la carica: «In merito alle elezioni regionali sento che l'aria sta cambiando. Si parlava di un 7-0 a favore della sinistra mentre adesso anche loro sono molto più cauti». E ancora: «In Campania e in Veneto si vince - assicura - In Liguria la candidata Paita del Partito democratico è in grande difficoltà e Toti è quasi alla pari, comunque è contendibile. Come contendibili tornano ad essere Marche e Umbria, e se fossimo uniti si vincerebbe anche in Puglia. Quindi da 7-0 la sinistra può addirittura arrivare a 1-6. E anche se fosse un 4-3 per la sinistra - avverte - sarebbe una sconfitta di Renzi paragonabile a quella di D'Alema nel 2000». Ed è sempre Brunetta a fare un appello all'unità del centrodestra sottolineando le divisioni nel campo avverso: «Tutto il centrodestra è in una fase di grande fibrillazione ammette - Però se guardo quello che succede in casa Pd non mi consolo, certamente, ma penso che i loro dissensi, la loro lotta interna, sia ancora peggiore della nostra».
Una lotta interna, all'interno di Forza Italia, che continua a scorrere sotterranea e destinata a manifestarsi anche nelle prossime votazioni alla Camera. Pare che Denis Verdini, orfano e nostalgico del patto del Nazareno, abbia fatto già sapere al Cavaliere che qualche deputato a lui fedele voterà «sì» alla legge elettorale. Motivo, questo, di attrito perché Berlusconi non ne vuole più sapere di dare una mano a Renzi. Tuttavia, posto che molto probabilmente il voto sull'Italicum a Montecitorio sarà segreto, le luci verdi saranno alla fine molti di più di quanti non ne porta in dote Verdini. Il motivo? «Qui non c'è nessuno, dai grillini agli azzurri, che abbia voglia di andare a casa anzitempo», confida un forzista. Verdini con cui Berlusconi ha discusso anche per sciogliere il nodo della candidatura in Toscana, vero e proprio feudo dell'ex coordinatore del Pdl. E Stefano Mugnai, candidato alla presidenza della Regione, non era la prima scelta di Verdini.
di Francesco Cramer
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