Nelle stesse ore in cui il presidente Joe Biden riceve il premier iracheno Mustafa al-Kadhimi per il primo incontro alla Casa Bianca, scatta l'annuncio della fine della missione dell'esercito americano in Irak entro la fine dell'anno. Il piano è contenuto in un comunicato rilasciato dai due leader dopo il faccia a faccia nella residenza presidenziale.
L'annuncio arriva sulla scia della decisione di Biden di ritirarsi completamente dall'Afghanistan dopo quasi vent'anni. Il leader americano ha promesso di continuare negli sforzi contro il terrorismo in Medio Oriente, ma ha fatto sapere che porrà maggiore attenzione alla Cina come sfida alla sicurezza a lungo termine. Secondo un alto funzionario dell'amministrazione americana, che ha anticipato la notizia, le forze di sicurezza irachene sono «testate in battaglia» e si sono dimostrate «capaci» di proteggere il loro Paese. Tuttavia, l'amministrazione Biden riconosce che lo Stato Islamico rimane una minaccia considerevole.
Sul fronte afghano, nel frattempo, la situazione peggiora di giorno in giorno. La Missione delle Nazioni Unite (Unama) in un ultimo rapporto che riguarda il primo semestre dell'anno (in riferimento allo stesso periodo del 2020), denuncia che le vittime civili sono aumentate del 47%. Tra gennaio e giugno 1.659 civili sono rimasti uccisi e 3.524 feriti nel Paese martoriato da una guerra infinita. Particolare preoccupazione desta l'aumento delle vittime civili nei mesi di maggio, proprio quando è cominciato il ritiro delle forze della coalizione, e giugno. Stando al rapporto, 783 civili sono rimasti uccisi e 1.609 feriti solo in questi due mesi, il bilancio più grave dal 2009, quando Unama ha iniziato a documentare le vittime civili. Senza una «significativa de-escalation della violenza» si rischia, secondo la Missione Onu, che il 2021 sia l'anno con il maggior numero di vittime civili, mentre non sembrano registrarsi progressi ai colloqui di pace intra-afghani iniziati lo scorso anno a Doha, in Qatar.
E proprio in queste ore arriva una storia tragica e toccante da Kandahar, città al centro dell'assedio dei talebani che si consuma nel Paese con l'uscita di scena dei militari Nato, luogo simbolico in cui nacque il movimento integralista e che fu capitale del gruppo estremista. Un attore afgano, Nazar Mohammed, è tra le vittime dell'offensiva, da cui in decine di migliaia di profughi sono in fuga mentre altri sono bloccati nelle proprie case in attesa di capire cosa sarà del destino loro e della città. Gli estremisti ormai sono penetrati nelle periferie della seconda città dell'Afghanistan e sono entrati nelle case alla ricerca di funzionari statali da giustiziare.
Nazar Mohammed è stato scovato anche lui, trascinato fuori di casa e sgozzato dai talebani, che non gli hanno perdonato di aver fatto parte della polizia locale. Alcune foto mostrano il corpo senza vita dell'attore all'ombra di un albero in una pozza di sangue.
Il generale Kenneth McKenzie, capo del Comando centrale dell'esercito americano, ha promesso
ieri che gli Stati Uniti continueranno i loro attacchi aerei a sostegno delle forze armate afghane se i talebani proseguiranno l'offensiva che, dallo scorso maggio, ha strappato alle autorità di Kabul sempre più territorio.
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