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"Biden alla Casa Bianca solo grazie al Covid. Ma così la destra rischia"

Lo studioso: "Se i repubblicani rifiutano di accettare la sconfitta può essere la loro fine"

"Biden alla Casa Bianca solo grazie al Covid. Ma così la destra rischia"

«Nel sistema dei valori politici americani la vera star della transizione del potere è colui che pronuncia il discorso di riconoscimento della sconfitta. È il rito, il momento storico, che meglio celebra e simbolizza il nostro senso solenne della democrazia e in un certo senso del nostro patriottismo, che forse in Europa può apparire retorico. Per questo il comportamento di Donald Trump in queste ore può essere definito anti-americano, ha indebolito forse in modo irrimediabile il sistema repubblicano. E finisce per definire più di qualsiasi scelta politica la sua intera presidenza, in sostanza Trump passerà alla Storia per la sua uscita di scena». Usa toni shakespeariani Clay Jenkinson, docente di Storia americana all'università del Nord Dakota e uno dei maggiori studiosi di Thomas Jefferson, tanto anche da impersonarlo in abiti settecenteschi in spettacoli seguitissimi (Bill Clinton lo ha chiamato più volte alla Casa Bianca), così come è diventato un programma di culto The Thomas Jefferson Hour, il suo approfondimento politico-culturale alla radio pubblica. «In 230 anni non era mai accaduto che il candidato sconfitto alle presidenziali non contattasse il vincitore e dichiarasse pubblicamente che la continuità del potere era garantita», dice Jenkinson. «L'unico caso anomalo avvenne dopo la vittoria di Jefferson nel 1801, quando il presidente uscente sconfitto, John Adams, si rifiutò di rimanere a Washington ad assistere all'inaugurazione del successore, lasciò la capitale alle 4.30 del mattino per ritornarsene a Baltimora. Jefferson ne fu offeso, ma ritenne quel gesto soprattutto pericoloso per le ancora fragili istituzioni repubblicane, disse che il passaggio delle consegne era più importante delle stesse elezioni».

Come spiega questo cortocircuito istituzionale?

«Sto leggendo in questi giorni un libro interessante Are we Rome? che spiega come stiamo inseguendo a grandi passi il declino della Repubblica romana. Non mi sono mai appassionato alle similitudini tra Stati Uniti e antica Roma, ma qui vediamo entrare in campo milizie private, e un leader che non vuole cedere il potere per non perdere l'immunità, perché sa che dal 21 gennaio, quando sarà un privato cittadino, ci saranno diversi magistrati a procurargli problemi. Gli analisti parlano di possibili secessioni, di due Americhe, una rossa e una blu. Non penso accadrà, ma che se ne parli dà la dimensione del dramma».

Cosà accadrà del partito repubblicano? In questi quattro anni è stato stravolto e travolto dal trumpismo.

«Se vuole ripresentarsi come partito credibile deve subito dire davanti alla nazione che Trump deve accettare la sconfitta e andarsene pacificamente. Per riacquistare rispetto e credibilità deve parlare chiaramente ora, prima che sia troppo tardi. Il fatto che non abbiano riconosciuto la vittoria di Biden fa pensare che siano ancora ostaggio della personalità di Trump e sanno che anche senza di lui il trumpismo è più radicato del partito. Trump ha preso più voti di qualsiasi presidente nella storia americana e più voti del 2016».

L'establishment, il grande nemico del popolo che ama Trump, ha vinto o a perso?

«Il cento per cento del cosiddetto deep-state, università, media, fondazioni, think tank, pensavano che Trump sarebbe stato spazzato via, che sarebbe stato punito per la gestione della pandemia, per aver rovinato l'immagine della presidenza nel mondo. Invece la notte delle elezioni quasi tutti pensavano che Trump sarebbe stato rieletto. Il fatto è che per salvare questa nazione anche i democratici devono ammettere che non hanno prevalso per il loro programma, per aver annunciato un cambio di rotta nelle politiche ambientali. Se ritornano alla Casa Bianca è perché Trump ha fallito nella gestione della pandemia».

Sono dunque ingiustificati i festeggiamenti?

«Se Trump avesse gestito la pandemia appena un minimo meglio, avesse anche solo raccomandato la mascherina, mostrato di prendere seriamente la cosa, sarebbe sicuramente stato rieletto. Theodore Roosevelt si rammaricava che non sarebbe passato alla Storia come un grande presidente perché non aveva avuto la fortuna di gestire emergenze storiche, una guerra, una grande crisi economica.

Ecco, Trump avrebbe avuto questa opportunità, ma è pigro, si annoia ad occuparsi di simili scocciature e quindi ha fallito e chi poteva dargli l'ha vittoria lo ha abbandonato».

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