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Biden come Trump: bombe contro l'Iran

Raid Usa in Irak e Siria. Le milizie sciite rispondono al fuoco

Biden come Trump: bombe contro l'Iran

Lo scontro fra America e Iran si sposta di nuovo in Irak. Lunedì notte gli Stati Uniti hanno condotto attacchi aerei contro le milizie sostenute dall'Iran, vicino al confine tra Irak e Siria. Una risposta all'offensiva contro le sue forze nella regione. I raid hanno preso di mira «impianti operativi e di deposito di armi» in tre località, ha spiegato il Pentagono. I miliziani sciiti hanno giurato vendetta. Le incursioni sono avvenute sotto la direzione del presidente degli Stati Uniti Joe Biden, per la seconda volta da quando è entrato in carica 5 mesi fa. «Abbiamo adottato le azioni necessarie, appropriate volte a limitare il rischio di escalation, ma anche per inviare un messaggio deterrente chiaro e inequivocabile», ha detto da Roma il segretario di Stato americano Antony Blinken.

Ma in Iraq il raid Usa è poco apprezzato. Il primo ministro Mustafa Al-Kadhimi ha condannato l'attacco aereo statunitense come «una palese e inaccettabile violazione della sovranità e della sicurezza nazionale irachena». Le Forze di mobilitazione popolare - una coalizione di milizie sciite costituita nel 2014 per combattere l'Isis e incorporata nelle forze di sicurezza irachene tre anni fa hanno precisato che il blitz ha ucciso combattenti che svolgevano una missione autorizzata per prevenire l'infiltrazione di jihadisti in Irak. I combattenti «non sono stati coinvolti in alcuna attività contro la presenza straniera in Iraq» e i luoghi presi di mira «non includono depositi di armi». «Ciò è in netto contrasto con le affermazioni fatte dagli Stati Uniti - hanno puntualizzato - . Pertanto, condanniamo con la massima fermezza questo peccaminoso attacco alle nostre forze e affermiamo il diritto di rispondere».

L'Osservatorio siriano per i diritti umani ha aggiunto che almeno 7 combattenti sono stati uccisi e molti altri feriti. L'agenzia di stampa statale siriana Sana ha invece precisato che anche un bambino è stato ucciso e almeno altre tre persone sono state ferite. Dall'inizio dell'anno, ci sono stati più di 40 attacchi contro gli interessi statunitensi in Irak, dove sono schierati 2.500 soldati Usa, parte di una coalizione internazionale per combattere lo Stato islamico. Lawrence Korb, un ex vicesegretario alla difesa degli Stati Uniti ha spiegato la ragione di questa offensiva americana. «Penso che non sia stato un caso che gli Stati Uniti l'abbiano fatto ora, si è voluto inviare un segnale all'Iran, proprio quando si sta iniziando il settimo round dei colloqui sul Jcpoa». Ma la rabbia degli iracheni è al limite. «Gli americani credono solo nel linguaggio della forza», ha twittato Faleh al-Khazali, un parlamentare iracheno vicino alle milizie. Mentre il portavoce militare Maj-Gen Yehia Rasool ha ribadito il «rifiuto dell'Iraq di diventare un campo di regolamento dei conti». E la risposta all'azione americana non si è fatta attendere. Diversi razzi sono stati lanciati ieri sera contro una base statunitense situata nei pressi della località siriana di Al Omar, nella zona orientale del Paese.

Il portavoce della Coalizione a guida Usa, Wayne Marotto, ha confermato l'attacco con un messaggio su Twitter aggiungendo che «Non ci sono feriti e si valutano i danni».

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