Il bimbo di 18 mesi "pescato" in mare

Scappato dalla tenda dei genitori e ritrovato al largo. Sano e salvo

Il bimbo di 18 mesi "pescato" in mare

Il destino sceglie sempre modi molto personali per realizzare i suoi ineffabili disegni. Alle volte si annoia e decide perfino di andare a pescare, figuratevi.

E quando va a pesca calca il berretto e va non dove getta l'esca di solito ma in un posto diverso, solo perché se il destino non cambia le carte in tavola non è lui, in fondo.

Il destino alle volte poi prende le sembianze di un signore anziano dal volto scavato, come sono spesso i pescatori, abituati a scartavetrare i minuti e i pensieri. Lui si chiama Gus Hutt e in queste ore è l'eroe della stampa neozelandese. L'edizione online del New Zealand Harald lo ritrae con la moglie sulla spiaggia di Matata, mentre guarda lontano, verso quel punto dell'oceano in cui si è travestito da fato benigno, appunto.

È accaduto il 26 ottobre scorso ma si è saputo solo ieri, come accade alle storie all'antica, che fanno strani giri tra passaparola e bisbigli. Quella mattina, presto come fanno i pescatori, Gus va a pesca. Sceglie per quel giorno di non fermarsi nel solito posto, ma cammina altri cento metri in direzione di Tauranga, trafitto da una di quelle intuizioni che hanno i pescatori che suggeriscono loro bottini migliori. E in qualche modo sarà così. Alle 7,15 del mattino fa anche freddino e Gus sta pensando di far ritorno a casa perché invece sembra proprio una giornata di magra, di quelle da non raccontare agli amici. Va a dare un'occhiata alle lenze lasciate là e con la coda dell'occhio vede qualcosa che fluttua nell'acqua. Sembra un bambolotto. Ma sì, è proprio un bambolotto. Ha la carnagione livida come la ceramica, i capelli certamente sintetici tagliati corti, non può che essere un bambolotto.

Gus ha l'istinto di afferrare quella bambola, che comunque non deve trovarsi là, dentro l'acqua. E a quel punto quella bambola squittisce. No, non è una bambola. È un bambino.

Gus afferra quel sacchetto di carne e ossa e vestiti zuppi e lo tira fuori dall'oceano, mettendolo in salvo. Lo asciuga, lo rassicura. D'accordo, ma chi è? Gus chiama la moglie, le dice di andare a informarsi presso l'unico luogo abitato nei dintorni, il campeggio Murphy's. La donna chiede al direttore che le indica l'unica famiglia ospite che ha un bambino piccolo. E lì che paura e sollievo si materializzano scontrandosi. Il bambino, che ha diciotto mesi, non c'è. Poco prima, mentre i genitori dormivano, ha tirato su la zip della tenda ed è andato a vivere la sua avventura. Gus troverà poco dopo le sue piccole impronte sulla sabbia finire dove inizia l'acqua. «Erano circa quindici metri da dove io stavo pescando, quindi il piccolo non è stato in acqua a lungo. Avrei pure potuto vederlo entrare».

Non si deve chiedere troppo al destino, nemmeno quando è a pesca

grossa. Il temerario piccolo è salvo, sano e - beato lui - del tutto inconsapevole del pericolo corso. «Semplicemente non era il suo momento», dice Gus. Il destino ha vista lunga, molta fortuna e sa anche essere un po' banale.

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