Un miliardo e mezzo. Tanto sarebbe il risparmio se si applicasse il calcolo contributivo anche ai vitalizi di ex parlamentari ed ex consiglieri regionali. Nel mare di ingiustizie e privilegi del sistema pensionistico italiano, la politica è la più felice delle isole. L'Inps calcola che sui 2.600 assegni attualmente in pagamento i contributi versati dagli ex onorevoli siano inferiori di 150 milioni rispetto alla cifra che ricevono ogni fine mese. Le loro pensioni pesano per 193 milioni di euro l'anno, ma parametrandole ai contributi versati (sistema valido per tutti gli altri lavoratori italiani) la spesa per le pensioni parlamentari si ridurrebbe di 76 milioni l'anno, 760 milioni nei prossimi dieci anni, pari al 40% in meno. «In altri termini i vitalizi dei parlamentari costano quasi il doppio di quanto sarebbe giustificato alla luce dei contributi versati; la stragrande maggioranza degli ex parlamentari ha ricevuto un trattamento di favore rispetto agli altri contribuenti» spiega il presidente dell'Inps Tito Boeri in audizione alla Camera. Un meccanismo insostenibile, stratificato negli anni d'oro degli sperperi, quando ad un senatore bastavano anche pochi giorni di legislatura (e pochi spiccioli di contributi) per garantirsi una pensione a vita di qualche migliaio di euro. Le modifiche introdotte nel 2011 con l'introduzione del contributivo non valgono però retroattivamente, e quindi gli ex senatori e deputati che hanno maturato il vecchio privilegio continuano a goderne indisturbati. Duemilaseicento ex parlamentari che ricevono molto più di quello che hanno versato. Come Eugenio Scalfari, il fondatore di Repubblica che per qualche anno in Parlamento eletto con il Psi ha ottenuto un trattamento pensionistico che sfora di ben 847mila euro contributi da lui versati. Ma è solo uno dei molti beneficiati dalle storture del sistema previdenziale riservato agli ex parlamentari. «Il disavanzo - spiega Boeri - è stato cospicuo fin dal 1978, quando ancora i percettori di vitalizi erano poco più di 500, prova evidente di un sistema insostenibile. Eppure si è ritenuto per molte legislature di non intervenire. Addirittura si sono resi questi trattamenti ancora più generosi». La proposta targata Inps (che non eroga le pensioni dei parlamentari, a carico di Camera e Senato) prevede un allineamento immediato per chi ha un vitalizio superiore a 5mila euro, e graduale per gli assegni inferiori.
Al regalo di 76 milioni di euro per deputati e senatori in pensione vanno poi aggiunti gli extra pagati anche agli ex consiglieri regionali. Rivalutando anche quelli alla luce dei reali versamenti si arriverebbe ad una spending review di 1 miliardo e 457 milioni nei prossimi 10 anni. Si prende in considerazione il decennio perché soltanto dopo, se nel frattempo non ci saranno interventi seri, si inizieranno a sentire - e solo gradualmente - gli effetti delle ultime riforme. Troppo tardi. Quindi? Dalla risposta nervosa della Camera si capisce che il ricalcolo retroattivo dei vitalizi non viene preso davvero in considerazione, anche se qualche iniziativa parlamentare (da M5S, Lega e Radicali) già lo proponeva. La nota ricorda che i vecchi vitalizi «non esistono più dalla scorsa legislatura e che all'esame della prima Commissione ci sono ulteriori ipotesi di riforma, sempre nell'ottica di allineare il trattamento per i parlamentari a quello ordinario».
Il presidente Inps si è offerto da consulente per il ricalcolo di tutte le pensioni attive, «tecnicamente si può fare, giuridicamente e politicamente però non spetta a me» ma al Parlamento. Dove siedono molti futuri percettori del vitalizio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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