Il Covid è arrivato anche alla Casa Bianca, e non è che si possa gridare alla sorpresa. Donald Trump, semmai, dava l'impressione di andarselo a cercare il coronavirus che ha già mandato all'altro mondo più di duecentomila americani. Anche tre giorni fa, quando con la moglie Melania e ampio seguito è salito sull'Air Force One diretto a Cleveland dove era atteso per il dibattito con il suo sfidante alle presidenziali Joe Biden, si era ben guardato dall'indossare una mascherina, e con lui tutti gli altri. Adesso, grazie a una collaboratrice ammalata che ha contagiato mezzo aereo, è in quarantena con la moglie, che dubitiamo ne sia entusiasta.
Dubitiamo, soprattutto, che da questa lezione Trump apprenderà qualcosa. E questo perché non c'è sordo peggiore di chi non vuole sentire e malato peggiore di chi rifiuta di esserlo. Anzi: a meno che la malattia non lo colpisca duramente come ad esempio era successo al premier britannico Boris Johnson, probabilmente il presidente degli Stati Uniti se ne uscirà dalla quarantena con qualche cartuccia in più per fare ancora il gradasso («Vedete? Sono in piedi. Non è così grave come dicono»).
Non abbiamo citato Johnson a caso. Trump, infatti, si unisce alla lista dei capi di Stato e di governo che si sono ammalati dopo aver ironizzato sulla pericolosità o sull'esistenza stessa del contagio. Una specie di nemesi negazionista. Johnson è quello che se l'è vista peggio: finito in terapia intensiva, ha rischiato davvero la vita. Quando era in ospedale ha avuto talmente paura di lasciarci la pelle da dare come terzo nome al suo figlio venuto al mondo poco dopo il suo ritorno a casa quello dell'infermiere che più lo aveva assistito.
Johnson è stato in buona, diciamo così, compagnia. Come dimenticare quel genio del presidente brasiliano Jair Bolsonaro? L'uomo che ripeteva con noncuranza che il virus era un problema di vecchi, che comunque di qualcosa dovevano morire. E a chi gli faceva osservare che lui aveva compiuto 65 anni ribatteva che lui aveva un fisico talmente sportivo che se mai si fosse contagiato avrebbe preso «al massimo una febbriciattola»: puntualmente ammalatosi ha dovuto fronteggiare non solo la malattia, ma anche una mezza rivolta nel suo governo e l'ingiunzione di un giudice a mettersi in pubblico la disprezzata mascherina. Quanto ai suoi connazionali, ripeteva con eleganza che avrebbero potuto nuotare nelle fogne senza infettarsi, fingendo di ignorare che il Brasile conta i suoi morti a decine di migliaia: un esempio.
Peggio di lui c'è solo Aleksandr Lukashenko, il bastonatore del popolo bielorusso. Anche lui innamorato del suo fisico massiccio, si è distinto come unico leader europeo a negare la necessità di misure preventive contro il Covid.
Basta una buona sauna e una bella bevuta di vodka a tenere a bada questo virus da donnette, ha ripetuto ai suoi sudditi post sovietici che forse anche per questo hanno preso a odiarlo. Naturalmente si è ammalato, e nessuno sa come si sia curato. La cura somministrata ai bielorussi che ne chiedono da due mesi la cacciata è invece ben nota: legnate a tutto andare.
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