Bombe sul carcere dei dissidenti. Teheran alle corde: repressione spietata

Danneggiato l'ingresso di Evin, per Israele un tentativo di lanciare la rivolta interna

Bombe sul carcere dei dissidenti. Teheran alle corde: repressione spietata
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Interrogatori lunghi 10-12 ore, sotto minaccia di essere condannati a morte, che in Iran può voler dire anche l'impiccagione. Niente letti, celle che possono anche contenere 20 detenuti e sono in gran parte senza finestre. Le guardie bussano alla porta, mentre si sentono le urla dei prigionieri torturati, e minacciano: "Senti? Il prossimo sarai tu". Eccoli i resoconti di chi è stato nel carcere di Evin, la prigione a Nord di Teheran diventata simbolo della repressione in Iran dopo la Rivoluzione islamica del 1979. Qui vengono rinchiusi dissidenti politici, giornalisti (compresa l'italiana Cecilia Sala, scarcerata a inizio 2025 dopo 21 giorni di detenzione) e poi attivisti anti-regime, membri di minoranze, cittadini stranieri accusati di spionaggio e studenti e accademici, tanto che la struttura è stata soprannominata "Evin University".

Israele ha colpito l'ingresso del carcere, un segnale alla dittatura, come gli altri lanciati contro i simboli della Repubblica islamica, dal quartier generale dei pasdaran all'orologio che contava le ore prima della fine di Israele. Secondo una fonte israeliana all'Ansa, l'azione rientra nel tentativo di liberare i dissidenti, in vista di un'eventuale rivolta interna che porti alla caduta del regime o lo spinga a trattare.

La repressione, d'altra parte, sta procedendo come e più di prima in Iran. Nelle ultime ore, nella provincia di Gilan, Nord-Ovest, sono state arrestate almeno 36 persone, accusate di sospetto collaborazionismo con Israele e di piani di destabilizzazione. Ma dall'inizio dell'attacco di Israele all'Iran il 13 giugno, i numeri sono ben peggiori. Un rapporto pubblicato domenica da Hengaw, organizzazione curda per i diritti umani con sede in Norvegia, documenta l'arresto di oltre 530 iraniani in dieci giorni. Le accuse spaziano dallo "spionaggio per l'agenzia di intelligence israeliana Mossad" al "sostegno dei media a Israele" fino al "turbamento dell'opinione pubblica".

Amnesty International ha denunciato la paura crescente per le sparizioni forzate, le torture e le impiccagioni di sospette "spie israeliane". L'accusa di spionaggio è spesso usata dal regime per eliminare figure scomode. Ora la stretta si è aggravata. Il 15 giugno il Consiglio supremo per la sicurezza nazionale, il più alto organismo decisionale iraniano, ha annunciato che le azioni "in favore di Israele riceveranno una reazione decisiva" e saranno sanzionate con "le più dure delle pene", sulla base delle accuse di moharebeh (guerra contro Dio) e di efsad fel-arz (corruzione sulla terra), per le quali è prevista la pena capitale. Lo stesso giorno - come ricorda Amnesty - anche il capo del potere giudiziario, Gholamhossein Mohseni Eje'i, ha ordinato di punire "gli elementi che disturbano la pace e la sicurezza" o che "collaborano" con Israele, invitando a processi, condanne e punizioni "molto veloci". Il 17 giugno il Parlamento ha votato per accelerare un provvedimento che faciliti l'applicazione automatica della pena di morte per "spionaggio" o "cooperazione con governi ostili", tra cui Usa e Israele, se concorrono al reato di "corruzione sulla terra". "Almeno 8 persone - aggiunge Amnesty - sono nel braccio della morte per quest'ultimo reato, dopo processi irregolari basati su prove estorte con la tortura".

Attraverso il social X, intanto, la Guida Suprema Ali Khamenei, chiusa in un bunker e sparita anche dai radar dei suoi collaboratori, ha pubblicato un post con l'immagine di un teschio con la stella di David, spiegando che Israele "ha commesso un grave errore, un grave crimine. Deve essere punito e lo stiamo facendo, lo stiamo facendo ora".

Il figlio dell'ultimo scià di Persia, Reza Pahlavi, possibile aggregatore dell'opposizione iraniana, conferma invece che Khamenei e la

famiglia si starebbero preparando alla fuga. "Il regime è al capolinea in molte città, l'esercito è diviso, il popolo è unito. Le fondamenta di questa tirannia lunga 46 anni stanno crollando. Questo è il nostro muro di Berlino".

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