Gli aiuti che arrivano con il contagocce diventano un nuovo fronte di polemica. Che fa scontrare di nuovo Lombardia e governo. E l'emergenza virus per i professionisti diventa una surreale partita al Monòpoli: l'iter per avere il sussidio da 600 euro riparte dal via. Altro che aiuto immediato: un cambio delle regole in corsa costringe 420mila professionisti a ripresentare di nuovo la domanda per accedere all'aiuto promesso dal governo.
Il percorso per questa specifica categoria di lavoratori è stato a ostacoli fin dall'inizio. Dimenticati nel «Cura Italia» del 17 marzo, i professionisti, sull'onda delle proteste, erano stati ripescati con il decreto del 28 marzo. Che però a sua volta si è dimenticato di specificare che la richiesta dei 600 euro poteva essere fatta solo da chi esercitava la professione a titolo esclusivo. L'errore è stato corretto solo l'8 aprile, con il famigerato «decreto liquidità», che ha escluso dal bonus chi era iscritto alle forme di previdenza per i dipendenti. Peccato che nel frattempo oltre 400mila professionisti avessero già presentato la domanda alle proprie casse previdenziali di categoria. L'Inpgi, quella dei giornalisti, ha perfino già erogato l'assegno ad alcuni iscritti alla gestione separata, i freelance. C'è il rischio che debba chiederli indietro.
«Fin dall'inizio c'è stata una gestione sbagliata - lamenta Gaetano Stella, presidente di Confprofessioni -. non si capisce perché alle casse professionali si sia impedito di operare autonomamente in deroga ai bilanci per aiutare i propri iscritti». In teoria il via libera ai pagamenti è scattato il 10 aprile, nonostante i 200 milioni stanziati dallo Stato lasciassero scoperte almeno il 40% dei richiedenti. Con questo pasticcio si rischiano grossi ritardi. «Bisogna pensare che non è un mondo di sole persone ad alto reddito - sottolinea Stella -, ci sono giovani che potrebbero avere serie difficoltà di sostentamento, anche perché per alcune categorie per tornare a fatturare ci vorranno almeno 3 o 4 mesi». Stella fa l'esempio dei commercialisti, che dovranno attendere che le imprese ripartano, e di chi lavora in settori con stagionalità, come la moda. «C'è il rischio di uscire dal mercato e non rientrare più», avverte il presidente di Confprofessioni. Senza contare che ancora le norme lasciano dubbi: è escluso dal beneficio chi ha la pensione di vecchiaia o anzianità, in dubbio invece chi ha l'invalidità. Un caos su cui il ministro Roberto Gualtieri cerca di mettere una pezza un po' confusa: «All'Inps si sta lavorando, si stanno erogando i 600 euro che dovrebbero essere erogati tutti entro la prossima settimana, la prossima tranche del mese di aprile sarà erogata più rapidamente e sarà più consistente».
Va detto che anche i lavoratori dipendenti non sono tutti nella stessa barca. Procedure bizantine per la cassa integrazione e boom di richieste all'Inps (già pervenute per 3 milioni di lavoratori) fanno presagire tempi lunghi. La Lombardia ha deciso di muoversi da sola anche su questo fronte, con una «anticipazione sociale». Sarà fornita una garanzia alle banche perché non attendano non perdano tempo a valutare la solvibilità dei lavoratori.
Ma la mossa della Lombardia ancora una volta provoca l'attacco del ministro per le Autonomie Francesco Boccia: «Fontana polemizza sui tempi della cassa integrazione, ma Lombardia ancora non ha fatto richiesta». In realtà sul sito degli industriali di Assolombarda compare l'invito a presentare le domande alla Regione già dal primo aprile. E in effetti sono già arrivate domande per 57mila lavoratori.
«L'anticipazione bancaria potrebbe non funzionare per tutti perché le banche si sono riservate di valutare il merito creditizio dei lavoratori - spiega l'assessore lombardo al Lavoro Melania Rizzoli -. L'anticipazione sociale della Lombardia vuole proprio porre rimedio all'iter complesso della cassa integrazione ed è un atto di fiducia verso la nostra gente».
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