Coronavirus

Boom di Covid post ricovero. Ora gli ospedali vanno in tilt

Uno su 5 scoperto positivo dopo l'ingresso. I medici: difficile isolare tutti, servono linee guida. Superati i 160mila morti

Boom di Covid post ricovero. Ora gli ospedali vanno in tilt

Arrivano in ospedale per una gamba fratturata, per un problema cardiaco o per una banale appendicite e scoprono di essere positivi. Magari senza sintomi, ma positivi. Sono i nuovi pazienti «Covid per caso», ben uno su cinque fra tutti quelli ricoverati. Isolarli è spesso un problema ora che è finita la fase dei grossi reparti Covid. E in tanti ospedali ci si arrangia come si può, spesso accontentandosi di una stanza adibita ad ospitarli in isolamento, anche se in realtà potrebbe accogliere altri tre o quattro pazienti non Covid.

Se qualche settimana fa i Covid per caso sembravano rappresentare un problema solo per il conteggio dei casi positivi e per le statistiche sull'andamento della pandemia, oggi raccontano di un guaio più serio: rallentano il recupero della normalità ( e degli arretrati) negli ospedali.

«Tra ricoveri sospesi, prestazioni rinviate, carenza di personale e difficoltà a isolare e gestire i pazienti Covid, non-Covid - stima Dario Manfellotto, presidente Fadoi, la Federazione degli internisti ospedalieri - ci vorrà almeno un anno per tornare all'attività ordinaria nelle corsie degli ospedali. La riduzione dei ricoveri programmati, sia pure senza arrivare ai livelli di quasi blackout delle prime ondate, ha comunque imposto una riduzione dei ricoveri che, nel 37,5% dei casi, è stata contenuta tra il 10 e il 20% di quelli programmati, ma che nel 12,5% degli ospedali è stata tra il 20 e il 50%, mentre nel 16,7% dei casi il blocco è stato totale».

Peggio è andata per le prestazioni programmate, come analisi, accertamenti diagnostici e visite specialistiche. In questo caso nel 29,2% delle strutture sono state quasi dimezzate. Scoprire che un paziente è positivo per il 30% degli ospedali è un guaio serio, tanto da dover trasferire il malato in un'altra struttura o da dover chiudere una parte dei reparti per evitare il rischio di focolai. Nel momento in cui è in programma un intervento chirurgico, la sala operatoria viene di fatto dedicata al paziente Covid per quasi tutto il giorno, tra preparazione e igienizzazione, e gli altri interventi slittano. O diventa difficilissimo gestire le emergenze.

Ogni ospedale sta gestendo da sè questa emergenza di fine pandemia e non tutti riescono a creare stanze con zona filtro e adeguato ricambio di aria. «Per questo - chiede Manfellotto a nome dei medici Fadoi - attendiamo al più presto indicazioni da parte del Ministero. Delle linee guida che ci dicano come gestire questi casi. Finora siamo andati avanti con percorsi interni per dividere i pazienti contagiati da quelli non Covid in modo autonomo. Non è un'emergenza clinica ma è un'emergenza gestionale. Aspettiamo di avere indicazioni uguali per tutti». Anche perchè, in base a uno studio da poco concluso, la positività dei pazienti può durare anche per quattro o cinque mesi e quindi l'intoppo dei pazienti Covid per caso non è destinato a esaurirsi nel breve periodo.

Per ora il ministero della Salute detta la linea da seguire dal primo aprile: mascherine da tenere al chiuso, distanziamento di un metro tra i tavoli nei ristoranti, indicazione a privilegiare i pagamenti con carta elettronica.

Il bollettino dei morti Covid, che ieri ha raggiunto quota 160mila, deve fermarsi al più presto. Da qui gli accorgimenti per tenere a bada i numeri: numeri in netto miglioramento rispetto ai mesi bui ma che ancora registrano 88.173 nuovi casi (una settimana fa erano 99.457).

In calo le terapie intensive, 12 in meno.

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