New York Ha fatto andare su tutte le furie il presidente Donald Trump, ha scatenato una bufera alla Casa Bianca, ed è diventato uno dei più grandi successi editoriali dell'anno prima ancora di uscire nelle librerie. Il libro di Bob Woodward Fear: Trump at the White House è arrivato ieri sugli scaffali in Usa e l'editore Simon & Schuster ha annunciato di aver stampato un milione di copie per tenere il passo con la domanda dei lettori. Il testo (già best seller su Amazon) del reporter due volte premio Pulitzer che insieme a Carl Bernstein rivelò i retroscena dello scandalo Watergate, di cui sono state diffuse ampie anticipazioni nei giorni scorsi, racconta i retroscena di una Casa Bianca definita «folle». E di un presidente che alcuni ex o attuali stretti collaboratori reputerebbero un «idiota», uno «squilibrato». E ora emerge pure che Trump avrebbe ipotizzato un aumento delle tasse di 4 punti percentuali, al 44%, per i Paperoni americani, cogliendo di sorpresa il suo ex consigliere economico Gary Cohn.
Il tycoon, intanto, si scaglia nuovamente contro l'autore sui social: «Woodward è un bugiardo, è un operativo dem prima delle elezioni di Midterm», scrive su Twitter, ricordando che le fonti citate sono prevalentemente anonime e che il capo del Pentagono Jim Mattis e il capo di gabinetto John Kelly hanno smentito i commenti offensivi attribuiti loro dal giornalista. Il libro è «una barzelletta, un altro assalto contro di me, con fonti anonime ora smentite», tuona ancora, promettendo che sarà ci penserà lui a scrivere «il vero libro» per illustrare i record della sua amministrazione. Il reporter del Watergate, da parte sua, in alcune interviste ribadisce di avere centinaia di pagine e di registrazioni che confermano ogni frase riferita nel libro. Woodward ricorda di aver coperto otto presidenti Usa, ma di «non aver mai visto nulla di simile» a quanto avviene nell'amministrazione Trump, e conferma che The Donald è «distaccato dalla realtà e rappresenta un pericolo per la sicurezza nazionale». Quindi invita gli americani a svegliarsi «davanti a quello che sta succedendo a Pennsylvania Avenue». Quella della fuga di notizie sta diventando una grana sempre più seria per il Commander in Chief, tanto che la Casa Bianca ha deciso di vietare i cellulari nella West King. Una scelta maturata secondo i media dopo le rivelazioni, trapelate soltanto ora, dell'ex consigliera Omarosa Manigault Newman, che ha registrato segretamente il chief of staff John Kelly mentre la stava licenziando. Le ultime disposizioni prevedono che i membri dello staff non possano neppure più lasciare i telefoni (anche quelli forniti dal governo) negli appositi armadietti fuori dalla Situation Room per timore che vengano registrate conversazioni top secret. Altro motivo di imbarazzo per l'amministrazione Usa rimane la lettera anonima pubblicata dal New York Times che parla di una «resistenza» interna per arginare Trump, su cui è intervenuto nuovamente il vice presidente Mike Pence. Il quale ha ribadito che lui non c'entra nulla e che si sta valutando l'ipotesi di una responsabilità penale per individuare l'autore dell'editoriale, ancora sconosciuto.
In ogni caso Pence, inizialmente indicato tra i principali sospettati, si è detto «pronto a sottoporsi alla macchina della verità», un'ipotesi suggerita dal senatore repubblicano Rand Paul per scoprire la talpa. La Casa Bianca, però, ha detto che non sta considerando di fare ricorso alla macchina della verità.
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