Anche il Regno Unito sogna il suo Ponte sullo Stretto, con annesse contestazioni sulla sua fattibilità. La Scozia come la Calabria, il Nord Irlanda come la Sicilia. Nelle stesse ore in cui il primo ministro Boris Johnson annuncia il via libera del governo al progetto per la prima linea ferroviaria ad alta velocità, la High Speed 2 (Hs2) che collegherà il sud dell'Inghilterra alle Midlands e al nord dell'Inghilterra, cioè Londra a Birmingham e, in seguito, Londra a Manchester e a Leeds, l'esecutivo annuncia di voler prendere «seriamente» in considerazione il progetto per la costruzione di un ponte che unisca la Scozia all'Irlanda del Nord. L'obiettivo - non esplicito ma sottinteso - è di voler incidere sulle due attuali spine nel fianco della nuova epoca conservatrice. Con l'intenzione di domare in parte le furie della Scozia europeista, imbufalita per la Brexit e di nuovo desiderosa di votare l'indipendenza, e di riconquistare i cuori dell'Irlanda del Nord, sia i pro-Ue che mai avrebbero voluto l'addio, che gli anti-Ue la cui causa è stata sacrificata dal premier sull'altare dell'accordo di uscita con Bruxelles, ora che il nord dell'isola resterà allineato alle regole del mercato unico sui beni.
Per Johnson è la realizzazione della promessa di voler far ripartire l'economia del centro e del nord dell'Inghilterra, quest'ultimo serbatoio di voti indispensabile per la travolgente vittoria dei Tories alle elezioni di dicembre. «Una rete di trasporto inadeguata rallenta il Paese», ha spiegato il capo del governo, pronto a raccontare nelle prossime settimane la sua «rivoluzione dei trasporti», declinata in chiave ecologista. Una parte riguarda il megaprogetto ferroviario ad alta velocità, il cui costo totale è lievitato dai 32,2 miliardi di sterline del 2011 ai 106 miliardi attuali (125 miliardi di euro). Secondo i piani, i tempi di collegamento tra la capitale e Birmingham si abbatterebbero di mezz'ora, passando da un'ora e 21 minuti attuali ai futuri 52 minuti. I lavori della prima tratta comincerebbero nel 2028. Previsto anche l'acquisto di 4mila bus a emissioni zero nei prossimi cinque anni (costo: 6 miliardi di sterline) e la realizzazione di un'ampia rete di piste ciclabili su tutto il territorio nazionale, nell'ambito di un piano ambientalista con cui il Regno Unito punta a «emissioni zero» entro il 2050.
Ed ecco la ciliegina sulla torta, per ora solo un'idea: il ponte che dovrebbe collegare il porto di Portpatrick, in Scozia, al porto di Larne, Nord Irlanda, attraversando il canale del Nord, che unisce il Mare d'Irlanda all'Oceano Atlantico. Costo del progetto: 15 miliardi. Con conseguente valanga di critiche. Una riedizione di vecchie ruggini, visto che l'idea non è nuovissima ma circola debolmente da una decina d'anni, proposta da un think tank. «Il primo ministro è ambizioso sui progetti infrastrutturali», spiega il portavoce. «No, è un maestro di distrazione», replica l'opposizione laburista. Tra le obiezioni sollevate ci sono i problemi ingegneristici: il ponte toccherebbe i 300 metri di profondità, per una lunghezza di 40 chilometri, in un'area disseminata di residuati bellici, circa un milione di tonnellate di munizioni. Poi i costi, considerati da molti inutili vista la presenza di un efficiente servizio traghetti. Di mezzo ci sono anche i precedenti di Johnson da sindaco di Londra: la funivia da 60 milioni di sterline sul Tamigi, usata dai turisti ma con appena 4 utilizzatori fissi.
E la proposta di un altro ponte, il Garden Bridge sul Tamigi, cestinata dal successore laburista Sadiq Khan per le spese troppo alte. Infine la Scozia ci mette del suo: «Ci vorrà molto più di un ponte per annullare il danno che questo governo ha causato con la Brexit».
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