"In Brasile corro a sinistra, ma stimo Berlusconi"

Il candidato in Sudamerica: "Ero amico di Tremaglia. Il Cavaliere? Un premier riformista"

"In Brasile corro a sinistra, ma stimo Berlusconi"

Andrea Matarazzo, già ambasciatore del Brasile a Roma e ministro in Brasile, si candida al Senato nella circoscrizione latinoamericana per il Partito Socialista Italiano, appoggiato da Fabio Porta, in lizza alla Camera per il PD. Il suo rivale sarà l'ex campione di Formula 1 Emerson Fittipaldi, candidato del centrodestra. Una sfida che si preannuncia epica perché il bisnonno del 65enne Andrea, Francesco Matarazzo, era emigrato in Brasile nel 1887 da Castellabate, in provincia di Salerno, riuscendo a diventare il quinto uomo più ricco del mondo negli anni Trenta con un impero di 365 aziende, «una per ogni giorno dell'anno» era lo slogan.

Come è nata l'idea del Senato?

«È stata la comunità italiana che ha insistito perché ho sempre lavorato molto per avvicinare i due paesi, soprattutto con Mirko Tremaglia a cui presentai il più grande produttore di arance al mondo, che era un italo-brasiliano e il più grande produttore di soia planetario, italo-brasiliano pure lui. E poi ha giocato un ruolo il mio lato emotivo: mio bisnonno era stato nominato conte dal re e senatore a vita dal Parlamento italiano per l'aiuto che aveva dato nella Prima Guerra Mondiale. Vorrei fare qualcosa di simile a quello che fece lui».

L'incarico più interessante che ha mai ricoperto?

«Fare l'ambasciatore in Italia e, a proposito, voglio ringraziare per l'opportunità di parlare con Il Giornale, che era tra i quotidiani che leggevo ogni mattina a Piazza Navona».

Ambasciatore addirittura meglio di fare il ministro?

«Sì perché a Roma mi sono reso conto che il Brasile sapeva molto poco dell'Italia e in Italia non si sapeva nulla del Brasile».

Con chi legò di più all'epoca?

«Con Tremaglia, ma avevo un rapporto molto stretto anche con Ciampi, Prodi e Berlusconi».

Che idea si è fatto del Cavaliere?

«L'immagine di Berlusconi è un po' distorta fuori dall'Italia. All'epoca in cui ero ambasciatore fece un governo di riforme. Inoltre, oggi è un uomo molto più maturo di quanto non fosse anni fa».

Altri amici?

«Uno intimo della mia famiglia fu Andreotti».

Se eletto appoggerà lo Ius sanguinis?

«Sì, senza dubbio».

Cosa rappresenta questa candidatura?

«La possibilità di uscire dall'assurdità delle ideologie che oggi sono un problema che ostacola la società perché non risolvono i problemi. Punto molto su questa candidatura, parlo tanto con la gente e spero che gli oriundi mi votino ma, soprattutto, che vadano a votare».

Perché non si è candidato con Berlusconi?

«Non ho alcuna affinità con l'estrema destra dei suoi alleati. La mia storia politica in Brasile è sempre stata di centro e al centro ho scelto la socialdemocrazia. Ma questo non significa che io sostenga il candidato A o B qui in Brasile: le elezioni italiane non hanno nulla a che fare con le nostre».

Perché gli oriundi dovrebbero votare lei e non

Fittipaldi?

«Se dovessi scegliere per una griglia di partenza meglio lui ma al Senato sono meglio io, per l'esperienza che ho nel settore pubblico e il legame che ho sempre avuto con l'Italia, di cui conosco problemi e priorità».

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