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Brasile, proteste nel giorno dell'indipendenza. E Bolsonaro spara a zero sulla Corte Suprema

Il presidente contro il vertice giudiziario che ha fatto arrestare i suoi alleati

Brasile, proteste nel giorno dell'indipendenza. E Bolsonaro spara a zero sulla Corte Suprema

A poco più di un anno dalle elezioni e con il suo odiato rivale Lula da Silva in testa nei sondaggi, nella giornata simbolo che celebra l'indipendenza dal Portogallo, il presidente del Brasile Jair Bolsonaro ha chiamato ieri a raccolta il suo popolo per manifestare nelle principali città del paese. Dispiegati importanti dispositivi di sicurezza per prevenire possibili violenze soprattutto a Brasilia e a São Paulo, dove anche l'opposizione è venuta a manifestare e dove il «Mito», così lo chiamano i suoi supporter, ha tenuto due discorsi assai polemici. «È arrivato il momento di dire che siamo diventati indipendenti e che non accettiamo che nessuno a Brasilia imponga la sua volontà», ha enfatizzato nel suo discorso paulista Bolsonaro, mentre in sottofondo suonava l'inno verde-oro. Frase, questa, interpretata dalla maggior parte dei media nazionali, quasi tutti a lui contrari a cominciare da Globo, come una minaccia addirittura di un colpo di stato contro la Corte Suprema.

Nel mirino di Bolsonaro, seduto a fianco del suo vice, il generale Hamilton Mourão, e del ministro della Difesa, il generale Walter Braga Netto, è finito il presidente del massimo organo giuridico verde-oro, Luiz Fux. Durante il suo discorso il Mito lo ha esortato «a mettere in riga i suoi sottoposti - con chiaro riferimento al giudice Alexandre de Moraes, autore di numerosi mandati d'arresto di supporter bolsonaristi - altrimenti saremo costretti a fare quello che non vogliamo».

De Moraes è il nemico numero uno di Bolsonaro. È, infatti, responsabile dell'inchiesta che indaga sul finanziamento e organizzazione di atti contro le istituzioni e la democrazia, che ha già portato all'arresto di numerosi alleati del presidente e di suoi militanti. Contro di lui si è scagliato nel discorso di ieri: «Non possiamo continuare ad accettare che una sola persona del centro del potere continui a imbarbarire la nostra popolazione. Non possiamo più accettare arresti politici nel nostro Brasile». E ancora: «La Corte suprema federale non ha più credibilità per aver ragion di essere». Per poi concludere: «Abbiamo sulla nostra bandiera scritto ordine e progresso. Questo è quello che vogliamo. Non vogliamo la rottura, ma non possiamo ammettere che una persona offuschi la nostra democrazia. Non possiamo consentire che metta a rischio la nostra libertà». Di certo la polarizzazione politica in Brasile ha raggiunto livelli mai visti prima e temendo possibili scontri, ieri l'ambasciata statunitense a Brasilia ha diffuso un comunicato in cui raccomandava ai suoi cittadini residenti nel paese verde-oro di «evitare le aree vicine alle proteste e alle manifestazioni» per il rischio di violenze.

Il presidente Jair Bolsonaro nelle intenzioni voleva che il 7 settembre 2021 simboleggiasse il sostegno dei brasiliani contro gli altri poteri dello Stato a lui contrapposti ma, almeno a San Paolo, non è riuscito a riunire «i due milioni di persone» che si era prefissato alla vigilia. Oggi Bolsonaro parteciperà a una riunione del Consiglio della Repubblica, organo statale che riunisce l'esecutivo con i presidenti di Camera, Senato e Corte Suprema.

Secondo il giurista Walter Maierovitch, presidente dell'Istituto Giovanni Falcone, potrebbe proporre «uno stato di emergenza, il che sarebbe davvero preoccupante».

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