Londra Due sconfitte in due giorni. Il dibattito su Brexit è ripreso da sole 48 ore e il governo May è già in difficoltà. In attesa del voto di martedì prossimo, mentre continuano i tentativi del primo ministro di rassicurare i parlamentari sull'efficacia del suo piano, il Parlamento ha approvato due emendamenti che, di fatto, spianano la strada a soluzioni alternative, compresa quella del referendum. Una fronda di Conservatori ribelli si è infatti unita ai Laburisti per far passare, nel primo giorno di dibattito, un emendamento che rende impossibile al governo modificare il Budget nel caso di un'uscita senza accordo, in assenza dell'autorizzazione parlamentare. Ieri poi, il governo è stato nuovamente battuto, quando è passato un altro emendamento, nel quale si costringe l'esecutivo a decidere che strada prendere, in caso di respingimento dell'accordo, entro soli tre giorni. Inizialmente i giorni a disposizione dovevano esser 21, ma dopo ieri, la signora May e i suoi ministri dovranno avere praticamente un piano B già pronto, da presentare subito, in caso di sconfitta. Una decisione che in qualche modo apre la porta ad altre possibilità come il sistema Norvegia o un secondo referendum. Quello che è certo è che non facilita un divorzio non consensuale, opzione che negli ultimi giorni sembrava aver guadagnato terreno.
Naturalmente il clima rimane molto incerto e a Westminster circolano illazioni di ogni genere. Martedì Downing Street ha dovuto smentire pubblicamente le voci circolate secondo cui il governo stava tentando di posticipare la data prevista per l'uscita, nell'estremo tentativo di guadagnare tempo, in caso le cose si mettessero male. Anche l'approvazione dell'emendamento di ieri è avvenuta tra le polemiche. Lo Speaker dei Commons John Bercow ha dovuto affrontare una dura presa di posizione da parte di alcuni parlamentari che l'hanno accusato di non essere imparziale, concedendo il voto sull'emendamento e ignorando i pareri negativi dei suoi consulenti.
Nel frattempo ieri, il leader laburista Jeremy Corbyn ha chiesto al primo ministro di «porre fine a questa costosa messinscena ed escludere una no deal Brexit». Seccamente la premier ha ribadito che il Labour si è opposto a qualsiasi tipo di accordo avvertendo poi Corbyn che se vuole evitare un'uscita senza accordo allora ne deve appoggiare uno. Il segretario ombra per la Brexit, Sir Keir Starmer, ha dichiarato che «il Parlamento deve avere il controllo di quello che accadrà dopo» e ha promesso che il partito giocherà un ruolo costruttivo in questo processo. Ma l'aria che si respira continua a essere quella di una crisi profonda, come ha sottolineato ieri lo stesso autore dell'emendamento, il consigliere conservatore Dominic Grieve.
«Ormai era chiaro già da mesi che l'accordo di May era a rischio ha detto Grieve alla Bbc sarebbe ora che May si soffermasse di più sulle reali alternative piuttosto che tornare a Bruxelles per tentare di migliorare il piano».
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