Mondo

Brexit, patto col diavolo. Gli sponsor Tory trattano per l'intesa con Farage

L'ipotesi di un accordo pre-elettorale in caso di voto anticipato, opzione non più remota

Brexit, patto col diavolo. Gli sponsor Tory trattano per l'intesa con Farage

«Farei un patto col diavolo pur di realizzare una Brexit come si deve», diceva un mese fa Nigel Farage, ancor prima di stravincere le elezioni europee. Ma per molti nel Regno Unito il diavolo è ancora lui. E a voler scendere a patti con il Lucignolo della politica britannica spuntano adesso pezzi importanti del Partito conservatore. Si tratta dei finanziatori, entrati in azione mentre fra i Tory è in pieno svolgimento la battaglia per la successione della premier Theresa May, con Boris Johnson che viaggia spedito verso Downing Street e seleziona con cura le sue apparizioni (ieri solo su Bbc). I donatori della destra inglese stanno sondando in segreto - ma Farage ha confermato al «Telegraph» l'indiscrezione - l'eventualità di un'intesa tra il Brexit Party e il Partito conservatore in caso di elezioni generali anticipate, ipotesi non affatto remota, che potrebbe realizzarsi prima del 31 ottobre, nuova data fissata per l'addio alla Ue.

La proposta è un patto di desistenza, un accordo in base al quale i candidati di Farage lascerebbero campo libero ai candidati pro-Brexit conservatori, nelle circoscrizioni in cui il Brexit Party ha più chance (nord dell'Inghilterra), e otterrebbero in cambio lo stesso «favore»: nessuna candidatura dei Tory dove il partito di Farage è forte. L'obiettivo dei donatori è chiaro: evitare il collasso dei Conservatori, incalzati dal Brexit Party in molte circoscrizioni, e far emergere una chiara maggioranza favorevole all'uscita del Regno Unito dall'Unione europea nel prossimo Parlamento. Uno scontro diretto tra i due partiti di destra inglesi, rischia in effetti di spalancare le porte del governo al laburista Corbyn. D'altra parte, il più recente sondaggio del «Sunday Times» lo conferma: in caso di voto anticipato a Londra, il partito della Brexit, che ha già trionfato alle Europee, sarebbe primo nel con il 24%, seguito dal Labour e dai Tory fermi al 21%.

E nuove elezioni potrebbero essere più vicine di quanto si pensi. I deputati Tory ieri e oggi hanno continuato a votare per arrivare entro il 20 giugno a due soli finalisti ed entro il 22 luglio alla proclamazione del vincitore, in questo ultimo caso votato dai 160mila iscritti al partito. Per fine luglio, Londra avrà il suo nuovo premier, selezionato fra i sei candidati ancora in corsa - Michael Gove, Jeremy Hunt, Sajid Javid, Boris Johnson, Dominic Raab, Rory Stewart -, che si sono scontrati ieri sera in un dibattito tv su Bbc, il primo a cui ha partecipato anche Johnson, dopo i due no a «Channel 4». Eppure, se davvero il prossimo premier vorrà portare il Regno Unito fuori dalla Ue entro il 31 ottobre, con o senza accordo, avrà bisogno di avere dalla sua parte altri deputati e potrebbe cercare anche un investimento popolare per raggiungere l'obiettivo, chiamando il Paese alle urne. Un terreno scivoloso se la destra pro-Brexit si spaccherà in due tronconi, come avvenuto finora: i Conservatori anti-Ue e il Brexit Party di Farage. Da qui la necessità di un'intesa. Che però dovrà ricevere il via libera del prossimo leader/premier. Oltre che la benedizione di Farage, il cui prossimo obiettivo, in realtà, è spazzar via i Conservatori, entrare a Westminster e sostituirsi ai Tory. Il leader del Brexit Party ha confermato gli avvicinamenti, ma per ora si mostra scettico: «Un'intesa per far cosa? Per tenere i Tory al governo e noi nella Ue?», spiega, precisando di voler «combattere per ogni seggio nel Paese». Ma Johnny Leavesley, a capo del più grande gruppo di donatori Tory, il Midlands Industrial Council, non ha dubbi: questo matrimonio s'ha da fare.

Il nuovo premier «deve esser disposto a lavorare con Farage».

Commenti