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Brexit rinviata al 2020 Ma si può uscire prima Boris: "Voto a dicembre"

La data fissata è il 31 gennaio ma potrà cambiare se l'accordo sarà approvato

Brexit rinviata al 2020 Ma si può uscire prima Boris: "Voto a dicembre"

Gaia Cesare

Non c'è due senza tre. Brexit rinviata per la terza volta in sette mesi. Ed elezioni anticipate rifiutate dai deputati per la terza volta in due mesi. Johnson deve rinunciare alla sua promessa politica: tagliare i ponti con la Ue entro la notte delle streghe, il 31 ottobre. Ma il primo ministro non demorde e continua a puntare tutto sulla scommessa elettorale per risorgere dalle ceneri della Brexit.

Il divorzio non ci sarà certamente la notte di Halloween. La proroga concessa da Bruxlles prevede che il Regno Unito lasci l'Unione europea entro il 31 gennaio 2020 (e indichi un Commissario). Il rinvio è stato annunciato ieri dal presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, formalizzato con una lettera scritta e accettato, con la stessa modalità, da Johnson, che si è premurato di sottolineare la sua contrarietà a un ulteriore slittamento della Brexit e ha chiesto alla Ue che si tratti dell'ultima concessione di tempo. L'addio senza accordo, il cosiddetto No Deal, è di nuovo scongiurato (per ora).

Ma nemmeno la somma di queste certezze riesce a restituire uno scenario chiaro sul futuro a Londra. Per due ragioni. La prima si chiama flextension. Estensione flessibile. Vuol dire che Bruxelles ha fissato una nuova deadline per l'addio il 31 gennaio ma se il Regno Unito deciderà di approvare l'intesa raggiunta tra il primo ministro Johnson e i vertici europei, Londra potrà andarsene in anticipo, il primo giorno del mese successivo alla ratifica. Se il via libera del Parlamento ci fosse entro novembre, l'addio sarebbe il primo dicembre. Se ci fosse entro dicembre, sarebbe il primo gennaio 2020.

L'altra incertezza riguarda le elezioni anticipate attraverso le quali Johnson vuole riprendersi e allargare la maggioranza che ha perso nei pochi mesi dal suo insediamento a Downing Street, a luglio, e che è stata sempre appesa a un filo. I sondaggi gli dicono che l'impresa sarà facile. Bocciata ieri dal Parlamento la richiesta del governo per andare alle urne il 12 dicembre (299 sì, 70 no, Labour astenuto), l'ipotesi di un voto prima di Natale tornerà subito al vaglio dei deputati. La mozione di ieri aveva bisogno dei due terzi del Parlamento (434 parlamentari) per poter passare, sulla base del Fixed-Term Parliaments Act. Ma un'altra proposta, una short bill per elezioni anticipate, sempre il 12 dicembre, sarà presentata oggi stesso, in una formula quasi identica - ha promesso Johnson - e per via della sua formula potrà essere approvata a maggioranza semplice. Stavolta gli arcinemici di Boris, i Liberaldemocratici e i nazionalisti scozzesi dello Snp, che vogliono evitare la Brexit a tutti i costi, potrebbero andargli incontro, votare a favore con i Tory e aiutare Johnson ad arrivare al voto. La speranza è che il prossimo governo, forte di una chiara maggioranza, possa offrire una soluzione chiara al grattacapo britannico del secolo.

Comunque vada, il fronte comune dell'opposizione, che finora ha fatto muro, piuttosto compatto, contro i piani del primo ministro, sembra essersi sgretolato, lasciando il Partito laburista con il cerino in mano, l'unico a rifiutare elezioni anticipate (dopo averle chieste insistentemente) e a crogiolarsi nelle sue ambiguità: un «ni» alla Brexit e un appoggio tiepido e tardivo al secondo referendum.

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