Brexit, punto e a capo. Nessun passo in avanti verso l'uscita del Regno Unito dall'Europa, che invece è stato appena legittimato a tirarsi indietro su quanto deciso nelle scorse settimane a Bruxelles. La Corte di Giustizia Europea ha infatti deciso che la Gran Bretagna potrebbe ritornare sui propri passi rispetto a Brexit e rimanere in Europa senza chiedere l'autorizzazione degli altri 27 Paesi membri. La decisione è giunta alla vigilia del voto cruciale del Parlamento sull'accordo siglato tra Londra a Bruxelles. Voto che, soltanto undici ore prima Theresa May ha deciso di posporre poiché il documento «sarebbe stato rigettato con un ampio margine».
Il nodo cruciale rimane la soluzione transitoria sul confine irlandese, soluzione che non convince nessuno, dato che rischia di rimanere transitoria a tempo indeterminato. May ha dichiarato di essere certa di riuscire a dissipare i dubbi dei parlamentari e di far passare l'accordo nei prossimi giorni, ma rimane il fatto che la rinuncia al voto di oggi costituisce comunque un'umiliazione per il governo May. Basti pensare che il primo ministro ha persino rinunciato a fissare una seconda data per il voto che dovrà comunque essere fissata prima del 21 gennaio prossimo - sostenendo che insisterà nel tentare di spiegare le proprie ragioni ai deputati contrari e che tornerà a parlare anche con i leader europei nel summit di questa settima riportando le perplessità dei colleghi. May ha inoltre promesso che troverà il modo di garantire maggior potere al Parlamento per assicurare che ogni decisione presa in futuro sul confine irlandese abbia il consenso della collettività». Ancora una volta però, la premier ha rifiutato di prendere in considerazione tutte le alternative che le sono state proposte per sbloccare la situazione di stallo in cui si trova attualmente il governo. Niente uscita senza accordo, nessun secondo referendum. «Questo è il giusto accordo per il Paese ha insistito ieri e sono determinata a fare di tutto per rassicurare il Parlamento e farlo approvare come mi ha chiesto la maggioranza dei cittadini».
Il leader laburista Jeremy Corbyn ha approfittato della situazione per chiedere le dimissioni della premier. «Il primo ministro ha perso il controllo degli eventi ha dichiarato nel suo intervento alla Camera dei Comuni il governo a questo punto si trova nel caos ed è il momento che May si dimetta». Corbyn ha quindi annunciato che il suo partito appoggerà la richiesta di un voto si sfiducia che potrebbe venir presentato nelle prossime ore dal leader liberaldemocratico Vincent Cable, che chiede da tempo un secondo referendum su Brexit. La mozione avrebbe anche il sostegno del partito nazionalista scozzese, come ha sottolineato ieri in un twitter la sua leader Nicola Sturgeon decisa a «dare alla gente la possibilità di bloccare Brexit con un secondo voto». May ha contro anche una larga fetta di compagni di partito, a partire dai Brexiteers convinti come Boris Johnson e Rees-Mogg che ieri hanno chiesto alla premier «di governare o andarsene». Intanto la sterlina risente pesantemente del caos politico e ieri ha toccato un nuovo minimo, il peggiore degli ultimi diciotto mesi. Gli Unionisti irlandesi, del cui appoggio la May ha disperato bisogno, ieri le hanno chiesto di tornare a Bruxelles e riaprire le trattative. Un'ipotesi che May sarà costretta a considerare, probabilmente senza successo.
Bruxelles ha già dichiarato che non intende ricominciare a trattare ma ha convocato per giovedì un Consiglio europeo sulla Brexit. «Come ha già detto il presidente Juncker questo accordo è il migliore e l'unico possibile ha fatto sapere ieri Mina Andreeva, portavoce della Commissione Europea non intendiamo rinegoziare la nostra posizione».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.