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Bruciò una chiesa. Profugo ruandese uccide il prete che lo ospitava

Abayisenga, 40 anni, con disturbi psichiatrici certificati, due anni fa aveva tentato di dare alle fiamme la cattedrale di Nantes. Padre Maire lo seguiva in attesa del processo: l'ha assassinato

Bruciò una chiesa. Profugo ruandese uccide il prete che lo ospitava

Lo aveva accolto per «permettergli di vivere in pace». E così era stato per qualche tempo. Ieri, però, è successo che il 40enne ruandese Emmanuel Abayisenga, già noto alle autorità francesi per aver incendiato la cattedrale di Nantes il 18 luglio 2020, riparato nella comunità religiosa dei monfortani dopo un periodo in carcere, ha ucciso l'uomo che gli aveva permesso di essere libero. O quasi.

Il 40enne, infatti, aveva obbligo di dimora dopo un periodo di detenzione concluso il 31 maggio 2021. E, mentre era in attesa di giudizio, aveva pure ricevuto delle cure psichiatriche. Poi, alcune liti col suo «tutore»: a partire da quella che il 20 giugno convinse il sacerdote da lui ucciso ieri mattina, Olivier Maire, a chiamare d'urgenza la polizia. Il ruandese aveva infatti minacciato di lasciare i locali della congregazione dei monfortani: l'indirizzo che lo ospitava e che aveva dato alle autorità da quando era uscito di prigione due mesi fa, in attesa di giudizio per un'altra azione, a Nantes, dove l'anno scorso aveva tentato di dare alle fiamme l'intera cattedrale.

Il 40enne viveva sotto una sorta di tutela religiosa, ma con un percorso alle spalle ben noto alle autorità francesi che non lo avevano ancora rimpatriato perché volevano prima processarlo per il rogo. Personalità con disturbi psichiatrici certificati, finiti dunque nelle mani amorevoli di un sacerdote amato da tutti a Saint-Laurent-sur Sèvre, in Vandea. La procura ha escluso, per ora, il movente terroristico. L'inchiesta è per «omicidio volontario», ma l'intera Francia è scossa da una morte apparentemente inspiegabile.

«Attaccare un prete, significa prendersela con l'anima della Francia», dice il ministro dell'Interno Gérald Darmanin, giunto ieri sul posto a tempo di record dopo la notizia del nuovo dramma. A consegnarsi alle autorità è stato lo stesso 40enne, che ai gendarmi ha pure indicato con precisione il luogo dove avrebbero trovato il prete. E una comunità cattolica in profondo stato di agitazione, anche con il governo, accusato da più parti di non tutelare abbastanza i religiosi.

Emmanuel Macron ha espresso tutta la sua «solidarietà» alla comunità religiosa dei monfortani, la congregazione che segue le orme degli apostoli poveri. Il presidente della Repubblica ha chiamato inoltre il presidente della Conferenza dei vescovi di Francia, monsignor Éric de Moulins Beaufort, nonché il segretario generale della Conferenza episcopale francese. Il premier Jean Castex, colto da «viva compassione» per la comunità cattolica, ha chiesto alla procura di far luce sulle circostanze di questa tragedia apparentemente inspiegabile, «affinché se ne possano trarre tutte le conseguenze», secondo Matignon. Anche interrogarsi su falle del sistema.

In precedenza, l'uomo aveva infatti già sconvolto Nantes. La città che lo vide scagliarsi contro la cattedrale. Quell'episodio nacque da un diverbio durato giorni con i religiosi del capoluogo della Loira atlantica, accusati allora dal 40enne di non essersi spesi abbastanza per fargli ottenere il permesso di soggiorno. In realtà, il visto umanitario del 40 enne era stato bocciato quattro volte dall'ufficio per la protezione dei rifugiati: respinto si legge nella motivazione perché non è provato che sarebbe stato vittima di persecuzione in caso di ritorno in Ruanda.

Monta dunque la polemica politica: la leader dell'estrema destra Marine Le Pen punge l'esecutivo per la mancata espulsione dell'uomo, ancora in attesa di giudizio per l'incendio di Nantes: «In Francia si può essere clandestini, incendiare la cattedrale di Nantes, non essere mai espulsi e diventare recidivi assassinando un prete, è il fallimento dello Stato». «Parole indegne!», la replica di Darmanin.

«Le Pen Polemizza senza conoscere i fatti: questo straniero non poteva essere espulso finché non fosse stato revocato il suo regime di sorveglianza».

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