Sulle magliette color fucsia - suo brand elettorale - ha fatto scrivere «Ghea podemo far», ce la possiamo fare. Ma ci credevano in pochi, pochissimi, a parte lui, Luigi Brugnaro, l'affondatore del Pd a Venezia, il «Guazzaloca in saor», il nuovo mostro (per i democratici) della Laguna. Dopo vent'anni di monopolio del potere a Venezia, è arrivato questo imprenditore scravattato, un «provinciale» che si firma Brugnaro Luigi, col cognome prima del nome, a rovinare la festa al Pd, che aveva puntato sul candidato-giustiziere, l'ex magistrato Casson, per sfruttare l'onda di indignazione post-Mose e vincere facile. È successo il contrario, è stato Brugnaro a prendersi parte dei voti «renziani», con lo slogan tattico «né di destra né di sinistra», sostenuto però dai partiti di centrodestra, tutti. Un po' Berlusconi (self made man, origini modeste, fondatore di imperi), un po' Renzi («il Jobs Act l'ho fatto già io vent'anni fa, con Biagi e D'Antona»), un po' Salvini («i vu cumprà li metto in galera»), un po' grillino («farò il sindaco gratis, darò lo stipendio ai poveri»), un po' Giorgio Gaber (la sua canzone preferita è La libertà ). E così, siccome la libertà «non è star sopra un albero», e avendo assistito - coi brividi - alla vittoria alle primarie Pd la sinistra di Casson («il partito del no a tutto, a Venezia hanno fatto scappare 2,5 miliardi di euro di Pierre Cardin»), neanche tre mesi prima del voto ha chiamato l'amico Squinzi per annunciargli le dimissioni da presidente di Confindustria Venezia e si è lanciato nella corsa a sindaco con una civica di area centrodestra. Si è buttato a capofitto, 18 ore al giorno ma per lui è la norma, ha tappezzato di fucsia muri, cestini, mezzi pubblici veneziani, riempito le caselle di posta col suo pieghevole elettorale. E ghe l'ha fata .
Mancava poco e, insieme al Comune di Venezia si prendeva pure lo scudetto di basket, con la sua Umana Reyer Venezia, comprata nel 2006 in cattive acque e portata in vetta alla classifica di seria A, a botte di 8 milioni di euro messi a fondo perduto ogni anno dal patron neosindaco. Quando gli fanno osservare che è molto ricco, Brugnaro risponde «ricco di affetti» (54 anni, due matrimoni, cinque figli, l'ultimo, Ettore, 4 mesi fa), ma poi conferma: «Sì sono anche ricco». Per capirci, dice di avere una fattoria in Toscana. La «fattoria» sono 426 ettari a Chiusi, praticamente mezza provincia di Siena, dove produce l'amata chianina. Ed è solo uno sfizio.
Non è stato sempre ricco. La sua è una storia che sembra uscita da un manuale di automotivazione al successo. In quel di Spinea, provincia veneziana, la madre Maria insegnante alle elementari, anche di catechismo. Il padre Ferruccio, operaio a Porto Marghera, sindacalista, poeta della Beat generation con diverse pubblicazioni all'attivo, liriche civili sulle lotte operaie, sul tema del lavoro, su cui il figlio costruirà la sua Umana Spa, colosso da 400 milioni di euro di fatturato l'anno. Anche Luigi Brugnaro, al liceo scientifico di Mirano, diventa un rappresentante studentesco quando si tratta di rivendicare il diritto ai laboratori di fisica e chimica. «Non accettavo idea che gli studenti non avessero modo di fare pratica. Ero un contestatore, poi quella è diventata la posizione di Confindustria». Studente allo Iuav di Venezia, dove si laurea in Architettura, sperimenta già da universitario l'alternanza scuola-lavoro facendo il cameriere d'estate nei ristoranti e hotel di Venezia e Jesolo. A 25 anni fonda la prima società, poi nel '97 Umana Spa, quindi la holding che controlla una ventina di società.
Cattolico, messa ogni domenica, ha due passioni sopra tutte le altre. Il mare, la barca con cui costeggia la Croazia d'estate insieme alla famiglia. E poi il basket. Si era comprato anche l'isola di Poveglia, davanti a Venezia, per farne un centro di riabilitazione, ma è stato bloccato, ed finita con un ricorso al Tar. Ora che è sindaco, per evitare conflitti di interessi, ha ritirato la causa e rimesso tutti gli incarichi nelle società. Da uomo «senza tessere di partito» e estimatore di Renzi, dice che «ha vinto il partito del lavoro, al quale può aderire chiunque, anche chi è del centrosinistra». Due ore dopo essere arrivato a Ca' Farsetti, sede del Comune, ha già visto che l'impianto di aria condizionata consuma troppo e vuole cambiarlo, insieme al resto della città.
«Abbiamo sconfitto l'oscurantismo, il partito del no. È il momento di tirare fuori gli attributi, dopo vent'anni Venezia è rimasta in mutande, con me diventa una delle più importanti città del mondo, la rivolto come un calzino». Capace che lo fa davvero.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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