Una lettera aperta per dire «discutiamo» ma che nello stesso istante piazza un bel po' di stoccate. A prendere carta e penna è il capogruppo azzurro alla Camera Renato Brunetta. Destinatario: un Parisi che ha appena lanciato l'idea di una assemblea costituente per scrivere una riforma della Costituzione tutti insieme. Brunetta non ci sta. «Parisi non risparmia critiche a Renzi. Dice di lui che ha sbagliato due volte: la prima nel fare una riforma confusa, la seconda nel politicizzarla. Per cui il referendum alla fine, chiunque vinca, si tramuterà in un disastro se il suo risultato verrà preso sul serio. Bisogna fare come se non esistesse, e intraprendere un processo di riforma a settembre, come l'alba di un nuovo mondo. Come nei film di fantascienza, quando c'è un meteorite che si sta abbattendo sulla Terra e americani, russi e cinesi sono tutti chiamati da Parisi a frantumarlo, così che sul mondo piova in forma di simpatiche e innocue scintille. Si tratterebbe, insomma, di comportarsi come segue. I politici debbono rivolgersi agli italiani in questi termini: ragazzi, abbiamo scherzato, è stato tutto un malinteso, il referendum c'è, ma non esiste, non conta, al massimo è una partita amichevole, non valevole per il campionato. Il vero torneo ce lo giochiamo noi a settembre, da buoni amici. Al diavolo il voto referendario, viziato da passioni politiche. Non sono d'accordo. Una volta che il popolo elettore è chiamato a dire precisamente un Sì o un No (...) poi non si può disinnescare questa volontà». E ancora: «Il referendum non è un gioco a racchettoni sulla spiaggia e poi domani si ricomincia e nessuno paga pegno: è il bello della democrazia». Insomma, Brunetta vorrebbe che Parisi si lanciasse in una campagna pancia a terra per il no perché la riforma Boschi-Renzi «è nociva e sbagliata in sé» e quindi «ricominciare tutti insieme a settembre come se non stesse per succedere nulla, devitalizzando un dente cariato inutile, mi appare una fuga dalla realtà».
Brunetta ce l'ha anche con quelli che Parisi immagina essere i suoi prossimi compagni di viaggio. «Quando chiede e trova consenso di Ncd, che si proclama per il Sì, ecco che siamo a un esercizio di opportunismo inaccettabile. Consentirebbe ad Alfano e Lupi di giocare la finale in due squadre contemporaneamente. Dicendo di sì a Renzi, in vista della scadenza di novembre, ma anche sì a Parisi e al suo adombrato progetto di riforma costituzionale, dove più che la riforma conta la prenotazione di un posto di prima classe nell'arca della nuova alleanza». Il presidente dei deputati azzurri continua: «La politica è trasparenza di intenti. È compromesso e sintesi, certo. Ma poi è: sì, sì, no no (...) Qualcuno mi fa osservare che Parisi, in queste sue proposte agostane, certamente in via di elaborazione e dunque ottime come base di discussione, abbia di mira soprattutto lo stendere una rete di salvataggio per tutti, così che non perda nessuno a novembre, in modo da consentire un dialogo sulle riforme più sereno e senza più le forzature renziane. Eccesso di machiavellismo. Se vince il Sì ci troveremo davanti ad un Renzi assiso sul trono del cielo, e non lo sfiorerà minimamente l'idea di rimettere in discussione il suo castello nefasto. E il Sì non sarebbe una scelta quasi equivalente a quella del No, come lascia intendere Parisi: aprirebbe la strada al dominio non di Renzi, che pure sarebbe un disastro, ma al disastro al cubo, che sarebbe la vittoria dei 5 Stelle. E saremo stati noi a determinare questa sciagura se commettessimo l'errore di non comunicare con forza serena la necessità inderogabile della vittoria del No. È un rilievo tecnico che faccio a un'intelligenza come quella di Parisi, il quale è stato e rimane eccellente manager della comunicazione. Si vince in una campagna referendaria se ci si impegna con mente, cuore, telefono, citofono, gazebo. Insomma, se ci si crede fino in fondo, senza retropensieri, senza riserve mentali. Ma perché impegnarsi se la partita è altrove?». Per Brunetta, Parisi rischia di essere troppo indulgente con il premier: «Non si può riproporre di fatto un accordo sulla fiducia a Renzi dopo che ha dimostrato di non avere remore nel considerare roba da niente la parola data. E neppure si può riabbracciare come se nulla fosse accaduto chi glielo ha consentito e intende perseverare come l'Ncd di Alfano e Lupi. C'è una sola strada per ritornare a lavorare insieme: quella di Renato Schifani». Il quale è tornato all'ovile lasciando Ncd e poltrona da capogruppo. «Scelta chiara e onesta per il No è la condizione per partecipare al cantiere programmatico del centrodestra di governo, imperniato sul rifiuto e il cambiamento di quest'Europa a egemonia tedesca e sulla flat tax - avverte il capogruppo azzurro - Benvenuta sia, allora, in questo quadro la convention settembrina promossa da Parisi a Milano».
E poi il dubbio di Brunetta: «Mi domando se non desta sospetto in Berlusconi il singolare consenso che gode ogni parola di Parisi nei giornaloni tutti (Stampa, Corriere, Repubblica, Sole 24 Ore, Messaggero, Quotidiano Nazionale) mentre chiunque appartenga alla storia di Forza Italia è ridotto al rango di sbuffante e molesto colonello attaccato al suo potere (quale?) a meno che non si genufletta dinanzi al nuovo condottiero,
evidentemente ritratto e pensato (magari suo malgrado) come assai accomodante verso Renzi». La chiusa è un accorato appello alla coerenza: «Noi di Forza Italia, noi del Centrodestra unito, non possiamo tradire la nostra gente».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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